Ecco le principali notizie in evidenza sui quotidiani del Sud.
Allarme Svimez, più morti che nati
L’allarme della Svimez sul Sud occupa le prime pagine di tutti i giornali meridionali. I morti superano i nati, ma il saldo non è mai stato così negativo dal 1861. Pe trovare un dato simile bisogna andare alla grande guerra. Ma, in generale, peggiorano tutti gli indicatori economici e per il settimo anno consecutivo il Pil è negativo.
Non sarà il riscaldamento globale – scrive Repubblica – a spopolare il Sud. La desertificazione è già cominciata, ma non è colpa del caldo: nel 2013 nel Mezzogiorno le morti hanno superato le nascite, ormai al minimo storico, 177.000, il numero più basso dal 1861. Un bilancio in rosso per il secondo anno consecutivo, era successo solo nel 1867 e nel 1918, alla fine di due guerre epocali. Di epocale ora ci sono solo la povertà, cresciuta di due volte e mezzo negli ultimi sei anni, e la disoccupazione, che se si considerano anche gli inattivi supera il 30%, con stipendi che per un decimo delle famiglie non arrivano a mille euro al mese. Chi può scappa: negli ultimi 20 anni sono emigrati dal Sud al Centro-Nord 2,3 milioni di persone, 116.000 solo l’anno scorso. Fugge soprattutto chi ha maggiori prospettive: tra il 2007 e il 2012 il numero dei migranti laureati è aumentato del 50%. Mentre al Sud si concentrano due milioni di Neet, oltre la metà dei 3.593.000 rilevati in Italia nel 2013. Dal Rapporto Svimez 2014 sull’economia del Mezzogiorno emergono due Italie forse mai state così lontane: «L’economia italiana vive il paradosso di avere da un lato aree forti in grado di competere con le economie maggiori del continente e dall’altro di far competere invece il Mezzogiorno con le aree marginali d’Europa». Qualche dato: se al Sud un terzo degli individui è a rischio povertà, il tasso del Centro-Nord si ferma al 12,1%. Il Pil: nel 2013 al Sud è crollato del 3,5% contro il meno 1,4% del Centro-Nord. E quest’anno la previsione di un calo dello 0,4% riflette una stazionarietà del Centro-Nord contro una flessione dell’1,5% del Sud.
Svolta per Taranto, 1,2 miliardi dei Riva alla Bonifica.
Il gip del tribunale di Milano, Fabrizio D’Arcangelo ha accolto la richiesta presentata dal commissario straordinario, Piero Gnudi di dissequestrare e far confluire nelle casse dell’Ilva, la somma a suo tempo sequestrata dalla procura a una parte della famiglia Riva. Si tratta di 1,2 miliardi che saranno destinati al risanamento ambientale dell’area. Secondo il giudice «nel conflitto tra i diritti» dei proprietari delle somme sequestrate «e gli interessi costituzionalmente rilevanti al diritto all’ambiente salubre, al lavoro e alla salute, i primi » assumono «una valenza necessariamente subvalente». E sempre secondo il gip, «in tema di amministrazione delle grandi imprese in stato di insolvenza gli interessi patrimoniali (come quello dei creditori delle imprese di grandi dimensioni) devono recedere di fronte a quello alla conservazione delle risorse produttive e dei livelli occupazionali».
Le mani delle cosche sull’affare Expo
Il certificato antimafia c’era, per poter avere l’appalto di una delle grandi opere di Expo, la tangenziale. Ma c’era anche la mafia, scrive Repubblica, impersonata dalla famiglia Galati, che ieri ha ricevuto un durissimo colpo dall’inchiesta “Quadrifoglio”. Su 13 arrestati, compreso un politico locale come Luigi Addisi, e il vecchio boss Salvatore Muscarello, ottantenne, ben quattro sono i Galati. Ma, al di là dei nomi e delle accuse, ieri è emersa, grazie all’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini (“Dalla ’ndrangheta si esce soltanto morti oppure collaborando con lo Stato”) una chiave di lettura importante: i dati raccolti da microspie, telecamere e pedinamenti mostrano una sorta di orgoglio di essere — per citare il recente ma già celebre e apprezzato film sui clan calabresi — delle “anime nere”.
Salerno, l’ecomostro va dimezzato
Il Crescent – scrive Repubblica, perde pezzi. Perde due o tre metri in altezza — verranno segati —, non avrà né le due torri previste all’estremità della mezzaluna né l’edificio a trapezio che sarebbe sorto al suo fianco. Sono le prescrizioni dettate dalla Soprintendenza di Salerno per il contestatissimo palazzo a semicerchio che sta sorgendo sul lungomare della città campana, firmato dal catalano Ricardo Bofill. Un ecomostro, per Italia Nostra. Un capolavoro, invece, per il sindaco Vincenzo De Luca, che all’edificio lega il suo nome e la candidatura alla presidenza della Regione. Ma all’inizio di questa tumultuosa avventura edilizia chiese che le sue ceneri, il più tardi possibile, venissero collocate in un’urna nella piazza davanti al Crescent.
Il parere della Soprintendenza è la tappa di una vicenda che si trascina da anni. Attualmente il cantiere è sotto sequestro da parte del Tribunale, dove venerdì si svolgerà l’udienza preliminare a carico di De Luca e altre 22 persone, fra le quali i suoi assessori e l’ex soprintendente: la Procura chiede il loro rinvio a giudizio per abuso d’ufficio, falso ideologico e violazione delle norme urbanistiche.
Il Crescent è un gigante alto quasi 30 metri, lungo 300 per 190 mila metri cubi di volume. Ospiterà, se mai verrà finito, 140 appartamenti, 50 uffici e 26 negozi. Già ora, costruito al 70 per cento, agli ambientalisti sembra una spaventosa muraglia che chiude il mare alla città e la città al mare. Replica De Luca: «È un grande progetto che riqualifica un’area degradata». E chi ne parla male viene da lui bollato come “pinguino” o “schiattamorto”, che vuol dire jettatore.