Di CLAUDIO D’AQUINO
Il Referendum per l’indipendenza della Scozia non era una finale degli europei di calcio. Finisce com’è finita, con un paio di numeri, 55 a 45 più o meno. Ma non era un match di basket. La lezione della Scozia, se da quella vicenda vogliamo trarre un insegnamento, non deriva dalla compostezza con cui democraticamente ha deciso di non lasciare il Regno Unito e non abbandonare la sterlina per l’Unione europea e l’euro (se vai via di casa, da qualche parte devi pur andare ad abitare…).
La lezione che viene dalla Scozia (per il Mezzogiorno d’Italia come per tutte le aree deboli dell’Unione europea) è come si fa ad alzare l’asticella. Come si fa a pretendere e a ottenere. Come si fa a mettere i sorci verdi ai posteriori del Nord e della Mitteleuropa…
LE UNGHIE E I DENTI
La Scozia, è vero, ha scelto di restare unita all’UK. Però ha spiegato ai popoli dell’Europa del Sud (Grecia, Portogallo, Mezzogiorno d’Italia) come si fa ad ottenere il massimo risultato possibile dai rispettivi Stati nazionali, strappandolo a morsi.
I giornali raccontano che a Cameron, a un certo punto, gli è venuto la strizza. Sul suo tavolo è arrivato un sondaggio che vedeva i separatisti scozzesi avanti di appena un punto in vista del Referendum. Così nell’ultimo miglio ha messo in campo – i politici sono così, dappertutto – una strategia di recupero. Proprio non gli andava di passare alla storia come il primo ministro inglese della secessione. Recuperare il terreno è diventato, a quel punto, un imperativo categorico per due buoni motivi:
Primo. Circa il 90% delle produzione di petrolio e il 50% di quella del gas del Regno Unito si trova infatti nel Mar del Nord a largo delle coste scozzesi.
Secondo. Se avessero vinto i sì, l’UK avrebbe dovuto affrontare una serie di problemi con altri territori che, legittimamente, avrebbero chiesto di seguire l’esempio. Sarebbe stata la fine del Regno Unito. A pensarci bene, non si sarebbe nemmeno potuto più chiamarlo così.
Ecco perché siamo arrivati alla resa a discrezione di Cameron. La Scozia porta a casa il risultato insperato della massima autonomia possibile. Forse anche più succoso della stessa indipendenza. Nuovi poteri sulle tasse, sulla spesa e sul welfare. Da concordare entro novembre, con il voto sulla nuova legislazione entro gennaio.
GRAZIE AL SUD
C’è una lezione per il Sud da questa vicenda?
Certo che c’è.
Il Sud Italia somiglia molto alla Scozia. E’ terra di conquista, tale e quale. E possiede anche grandi giacimenti di petrolio e gas naturale, tra cui quelli della val d’Agri (Basilicata), il più grande dell’Europa continentale, e dell’area di Crotone (Il Campo Luna-Hera Lacinia).
E’ grazie al Sud che l’Italia si posiziona al quarto posto fra i paesi europei produttori di petrolio e 49º come produttore mondiale di petrolio per quantità (0,1% sul totale della produzione mondiale).
Tra Campania alla Sicilia vi sono i giacimenti geotermici più interessanti d’Europa ad alta entalpia. Altro che riscaldare le borse dell’acqua calda con gli impianti domestici a pompa di calore, come si fa in Svizzera. Qui ci sono fluidi così potenti e costanti e a così alta temperatura da far impallidire quelli di Larderello: se solo si avesse il coraggio di fare. E passando alle rinnovabili, va detto che la Sicilia è irradiata 2 volte la Lombardia e 3 volte la Germania. Il Sud è indispensabile al bilancio energetico italiano ed europeo dal fronte dell’energia solare. E del resto è per questo motivo che il governo ha inserito nello sblocca Italia anche le procedure per la produzione di energia (leggi: idrocarburi della Lucania), divenute di interesse nazionale per bypassare il territorio.
Ma qui si tratta di dare battaglia. Se il Sud impara ad alzare testa e la posta, può fare come la Scozia. Volete che resti attaccato all’Italia. E allora pagate, anzitutto, quel che c’è da pagare, così cominciamo a riequilibrare un po’ i conti della storia, passata e recente. E poi? Nuovi poteri su tasse, sanità, welfare…
L’Europa, per esempio. Sia costretta a concedere al Mezzogiorno, come ad altre aree deboli (Grecia, Portogallo, Spagna), quella fiscalità di vantaggio che ha permesso all’Irlanda di rimettersi in piedi. E che personaggi come un certo Mario Monti hanno continuato a bocciare perché considerata “concorrenza sleale”.
SCHIENA DRITTA
Richieste ambiziose, da imporre a schiena dritta. Sono la condizione necessaria e sufficiente per sentirsi, come meridionali, italiani ed europei. Quello che ci vuole e subito nel Sud è una politica con la maiuscola. E uomini all’altezza, che non vadano a Roma solo non pietire, con il cappello in mano, il rispetto del cofinanziamento dei Fondi europei o l’Agenzia per la coesione. Sperando vanamente che Renzi capisca e che Delrio presti ascolto. Ma non si otterrà nulla mettendosi in ginocchio. Sono conquiste e si ottengono solo strappandole con i denti.