Di CLAUDIO D’AQUINO
Ma che cosa significa: “Non parlo con Confindustria e non parlo con i sindacati, perché sono organizzazioni autoreferenziali. Quindi finché si parla di contratti aziendali, ok. Ma le leggi le fa il Parlamento”. Cosa significa?
La tesi ormai fa parte del pannello tematico del premier, che la ripete come un mantra ad ogni occasione utile. L’ultima a “Bersaglio Mobile”, programma di La7.
Una tesi che appare bizzarra per molti versi.
Bizzarra perché… cosa altro possono essere le associazioni di categoria – Confindustria, i sindacati – se non auto-referenziali?
Confindustria ha come referenti le imprese aderenti. I sindacati prendono a riferimento i loro iscritti. Pochi, molti, giovani o anziani, belli o brutti: quelli sono i riferimenti, i referenti (gli stakeholders, dice chi ha studiato). Ma potrebbe essere altrimenti? Potrebbero essere, per dire, ETERO-REFERENZIALI?
Ancora. Prendiamo in esame un qualsiasi partito. Per esempio il suo, quello di Renzi.
Alla prova del nove, che cosa è il PD se non una organizzazione “auto-referenziale”? Così tanto che, in una fase storica in cui prevale il modello di partito leaderistico, esso rispecchia fedelmente le referenze renziste e i referenti renziani sia nel vertice e in periferia. A 360 gradi.
Il riuscito assalto alla diligenza, infatti, li ha portati fin lassù, nel partito e nel governo. E’ la resistibile ascesa del Giglio Magico”, come viene definito, il gruppo dirigente di testa che manovra la carroza, sapiente mix tosco-emiliano. Più auto-referenziali di cosi?
A Renzi piace molto la parola “dis-intermediazione”. E’ la leva per scardinare e rottamare il sistema consociativo tanto caro alla prima Repubblica.
Ma a una dis-intermediazione riuscita non si capisce cosa corrisponde. Cosa riempie il vuoto lasciato dalla caduta degli Dei, Confindustria e Cgil tra i quali. Ogni spazzamento è giovamento, potremmo dire, se si capisce con quale “tappeto nuovo” si vuole sostituire quello usurato.
Al momento, Giglio Magico a parte, non si capisce più chi intermedia cosa , quando, chi.
Renzi può vantarsi di non guardare in faccia a nessuno? Non tanto. Ed ecco perché
- Sovrappone effetto e causa. Vero è che l’elettorato lo ha premiato alle scorse europee è anche perché ha fatto le pulci, tanto per dire, al Cnel, che si è scoperto essere un ente inutile (una volta tanto non a causa degli sperperi delle Regioni). Ha dato la stura al rilancio di vecchie inchieste giornalistiche sulla casta dei sindacati. Alla marcatura della Cgil come sindacato di pensionati enon di giovani precari. Al rinfaccio che da sempre difende i lavoratori dipendenti e non le partite iva. Male non ha fatto, forse. Però non deve esagerare. Anche su Confindustria del resto non mancano dossier e libri che ne parlano come di una concrezione di interessi lobbistici di pochi. Ma questo non giustifica che su temi fondamentali come le politiche industriali ed economiche e sul funzionamento del sistema Paese non abbia(no) indicazioni utili da fornire alla discussione. O il diritto di farlo. Ed infatti, a controprova, c’è la constatazione che da una vita Confindustria vuole abolire l’articolo 18. Una idea che sembra sia particolarmente piaciuta al nostro premier. All afaccia della dis-intermediazione. Certo Confindustria non rappresenta “tutte” le imprese. E la Cgil non rappresenta “tutti” i lavoratori. L’una e l’altra hanno in passato sconfinato ruolo e funzioni (pensiamo ai Caf, per esempio). Ma spingerli nell’angolo della contrattazione aziendale e basta, equivale a piallare due tra i più significativi “corpi intermedi”, interlocutori primari del governo in una democrazia matura.
Viceversa sono le istituzioni che, a tutti i livelli, non possono essere né comportarsi come centri di potere “autoreferenziale”, per il motivo che loro sì sono di “tutti”. Anche di chi non le ha votate. Anche di chi a votare non ci è andato per niente.
- Quando esce dal Palazzo, il presidente del Consiglio va a parlare (speriamo anche ad ascoltare) a imprese eccellenti, che forse tali sono perché eccellenti sono ANCHE i loro lavoratori. Lo fa perché ha il dovere di ascoltare, non è una concessione. Qual è il criterio con cui sceglie? Come si consegue un titolo preferenziale per interloquire con il Giglio? Avere nel portafoglio un assegno di 1000 euro per pagare una cena col premier?
- C’è di più. Non parla con Confindustria, non ascolta Squinzi. Dice. Ma alle assemblee territoriali di Confindustria ci va. Come a quella di Bergamo, dove ha preso in faccia uova e farina. Come a quella della Toscana, dove ha avuto un faccia a faccia con Marchionne . Come quella di Brescia, di Bergamo e di Verona-Vicenza. Come quella nazionale, all’indomani delle Europee, dove ha persino incrociato Squinzi.
Evidentemente ci sono figli e figliastri. Con i primi si parla, nonostante tutto. Agli altri le manganellate, se serve.
Il paradosso di questa Italia paradossale è che a decidere chi parla e chi conta e chi non ha diritto di parola, ma semmai di manganellate, è un Governo, il terzo della serie in tre anni, non eletto dai cittadini. E questo spiega molte cose. Inclusa qual è la casta delle caste – autoreferenziale – a casa nostra.