di Claudio D’Aquino
La forma è sostanza. Non lo dicono i filosofi e le persone perbene. Anche in politica lo è, ma in senso speciale. La forma in politica è più che una segnaletica per la quale l’abito fa il monaco. La forma in politica ha valore di scambio simbolico. Spieghiamo. Quando Renzi manda a dire al presidente del Consiglio allora in carica “Stai sereno” e nel giro di 24 ore lo scalza da cavallo e ne prende il posto… beh, non lancia solo un segnale di scarso fairplay, ma dà la stura a un arsenale semiologico che giunge, per li rami, alla machiavellica freddezza del principe che, se deve fare una malvagità, è bene la faccia con guizzo mercuriale e tutta in una botta. Non è questione (solo) di stile, appunto, ma è comunicazione in senso stretto, in cui le parole contano meno dei comportamenti. Del resto, non sarebbe diventato un caso da manuale il confronto che vide, agli albori della politica condotta con le armi dell’immagine, un Nixon balbettante e sudato soccombere al cospetto di John Kennedy, smagliante nella camicia candida come la chiostra dei denti sfoderata a sorriso hollywoodiano. La forma è sostanza e parla da sola, come il medium che è il messaggio nella visione di Mac Luhan.
TRACOTANZA
Parla da sola ed esprime una inequivocabile tracotanza del potere che liquida un oppositore, che tuttavia è pur sempre un compagno di partito, con un sarcastico “Fassina chi?”. Sono robe che fanno il giro ampio nella giostra dei social network, riprese e rilanciate viralmente. Quindi: la forma è sostanza più oggi che mai. Ci può stare. Ci sta. L’inquilino di Palazzo Chigi lo ha fatto capire in tutti i modi. Il suo disinvolto modo di apostrofare lo porta molto lontano dallo stile dello statista e più che epigono dei padri della Prima Repubblica, ne fa un nipotino della scuola dorotea, che sulla torta della polemica politica si piccava di aggiungere per ciliegina una storpiatura dei cognomi degli avversari un tantino goliardica, da gita scolastica… Una tecnica che nemmeno al Bagaglino riceveva asilo, negli ultimi tempi.
Ma con la signora Maria Carmela Lanzetta, ex ministro alle Politiche regionali, Renzi ha travalicato ogni misura. Se è veritiera (e temiamo di sì) la versione che della sua recente defenestrazione ha offerto “Libero”, giornale solitamente ben informato in materia di retroscena governativi. L’ex farmacista di Monasterace, provincia di Catanzaro, ha appreso di essere stata defenestrata, appunto, da fonti giornalistiche. Punita – dice Libero – perché unico componente dell’esecutivo a far riferimento alla minoranza Pd guidata da Pippo Civati. Si dà il caso che però fosse anche l’unico componente del governo Renzi di origini meridionali. Espressione del Sud…
OPINIONISTI
Nel giorno seguente su alcuni giornali, anche del Sud, opinionisti che dovrebbero rappresentare gli interessi del Mezzogiorno, adombrano che l’ex ministro non fosse poi tanto all’altezza… Ma avete mai visto un opinionista del Nord dire che forse la Pivetti non fosse così tanto all’altezza di ricoprire il ruolo di terza carica dello Stato, quando fu catapultata sulla poltrona di presidente della Camera?
Quegli stessi opininisti sostengono che in realtà lei vagava nel finto brodo degli Affari regionali, mentre il pezzo di manzo (i Fondi europei della coesione) era tutto nel piatto di Graziano Delrio, alla Presidenza del Consiglio. Sarà anche vera, sia la prima che la seconda circostanza. Ma il punto è un altro: ci si comporta così con chi sta lì a rappresentare, bene o male, un terzo del Paese?
Ancora una volta, non è solo questione di stile, ma di sostanza. La chiosa renziana alla triste vicenda (“Il suo posto lo prenderà un’altra donna…”) non è tanto la solita foglia di fico, ma un atto di ipocrisia.
P.S.: Gli opinionisti interpellati da qualche giornale, a proposito del dopo Lanzetta, si affannano a sostenere che “il problema non è quanti ministri del Sud stiano al governo, ma ovviamente cosa fa il governo per il Sud… Solita solfa. E’ invece del tutto evidente che se i ministri del Sud sono uno e mezzo (c’è anche il beneventano Umberto Del Basso De Caro nelle funzioni di sottosegretario) e poi quell’uno che c’è viene soppresso, e si resta dalla sera alla mattina con uno 0,5… Qualcosa di forma e di sostanza c’è, nel governo, che non va.
Se poi qualcuno spiegasse ad Alessandro Laterza, il rappresentante del Mezzogiorno nella Giunta nazionale di Confindustria, che l’Agenzia della Coesione è un’altra cosa dedicata al Sud della serie “c’è ma non si vede”, perche in dieci mesi il governo è riuscito appena a nominarne il direttore, forse il Sud farebbe un passo avanti. E Laterza pure