Da qualche tempo il Sudonline si sta occupando degli effetti collaterali delle elezioni europee. Ossia del tracollo del Movimento 5 Stelle, formazione politica che era stata indicata come espressione anzitutto della insofferenza e del disagio meridionale, inversamente proporzionale al boom della Lega nel Paese, sulla spinta dello sfondamento al Sud del partito di Matteo Salvini.
E’ stato osservato che la conseguenza diretta di questo vero e proprio terremoto elettorale, l’inasprimento delle attese autonomistiche delle Regioni del Nord e un nuovo giro di vite alla cosiddetta “secessione dei ricchi”. Adolfo Bottazzo prima e Giuseppe Pedersoli poi hanno commentato questa eventualità chiosando la pressoché totale assenza della classe politica meridionale su fronti così nevralgici per il futuro del Sud come la modifica dell’imposizione fiscale a beneficio delle Regioni, che per molti versi ha aspetti di dubbia costituzionalità. “Il problema della totale mancanza di rappresentanza politica del Mezzogiorno – aggiunge Salvatore Lucchese in una nota apparsa su VesuvioNews – rimane drammaticamente aperto”.Salvatore Lucchese è coordinatore del Comitato meridionalista dell’Area vesuviana “Gaetano Salvemini” e ricercatore presso il Centro di ricerca internazionale Francesco Saverio Nitti per il Mediterraneo.Proviamo a sintetizzare qui di seguito il suo pensiero.
IL PARTITO DEL NORD
Giustamente Lucchese rimarca anzitutto – come del resto hanno fatto Bottazzo e Pedersoli – soprattutto il tema della “sovra-rappresentazione dei territori settentrionali”. Le Regioni del Settentrione avanzano a testuggine nella contesa con i poteri centrali (Parlamento, Corte costituzionale) in tema di regionalismo federativo. E’ il frutto di anni di progressivo consolidamento nel dibattito pubblico e nel confronto mediatico della cosiddetta “Questione settentrionale” e all’esistenza del “Grande Partito Trasversale del Nord”. Un partito che ha già portato a casa una serie di risultati che Lucchese evidenzia: “nel solo triennio 2014/2016, grazie al “trucchetto” della spesa storica, non solo ha drenato dalle regioni meridionali verso quelle settentrionali la “modica” cifra di 183 miliardi di euro di spesa pubblica allargata…” E non basta, perché lo stesso partito trasversale del Nord “in deroga al vincolo del 34%, dal 2007 al 2017 ha sottratto al Sud anche 25 miliardi di investimenti pubblici produttivi. Un’altra espropriazione indebita che è costato al Mezzogiorno una mancata crescita del Pil del 5%, corrispondenti a 300 mila posti di lavoro in meno”.
Lucchese non ha dubbi e senza alcun timore reverenziale parla di:
- Un Meridione non solo è stato abbandonato e cancellato dall’agenda politica nazionale e ridotto alla condizione di “colonia” da razziare.
- A causa di questo processo di “de-soggettivazione”, è divenuto “oggetto” di reiterati saccheggi tramite l’attuazione sia di “politiche differenziate” sia di meccanismi fiscali “estrattivi”
- Condizione di colonia che si intenderebbe istituzionalizzare definitivamente tramite l’approvazione dell’autonomia regionale differenziata.
IL PATTO DELLA CASMEZ
E affina l’analisi risalendo al “patto sociale” di coesione sociale e solidarietà nazionale sancito, dopo la Seconda guerra mondiale, con la parte più arretrata del Paese grazie alla Costituzione repubblicana del 1948. “Patto culminato – spiega – nella fondazione della Cassa per il Mezzogiorno (1950-1984), che, tra aspetti positivi e negativi, ha contribuito nel corso del “trentennio d’oro” del “capitalismo maturo” ad attenuare e in alcuni casi ad eliminare il dualismo Nord/Sud.
Un percorso lungo, interrotto già in coincidenza con la riforma del Titolo V della Costituzione (2001)… E al dunque arriva la domanda cruciale: “chi riprenderà e rialzerà la bandiera del Sud? Quale sforza politica ne rappresenterà le legittime istanze di uguaglianza, sviluppo, coesione, equità e perequazione sociale?”
Se è vero che quella del regionalismo differenziato può essere ‘la madre di tutte le battaglie’ anche per la sinistra, che resta però nella morsa di un trend che vede il partito del Nord crescere di consensi e tenta di limitare i danni in quell’area del Paese, evitando di prendere posizione decisa su di un tema sensibile per l’elettorato settentrionale.
IL RUOLO DEL PD
Sta di fatto però che “i nordisti sono prima di tutto nordisti e solo poi progressisti, democratici, sindacalisti”, aggiunge Lucchese. E si domanda: “Quali condizioni socio-politico-culturali ci sono a che la Sinistra abbandoni gli atteggiamenti timidi o attendisti o addirittura possibilisti per fare dell’opposizione al regionalismo differenziato la madre di tutte le battaglie? E perché nel Settentrione prima di essere “progressisti”, “democratici” e “sindacalisti” ci si percepisce “prima di tutto” come “nordisti”, mentre nel Sud questo non accade?
Seguiamo il suo ragionamento.
- nel campo della Sinistra progressista l’“atteggiamento” del PD sulla “perversa attuazione del federalismo fiscale” o “colpo di Stato dei ricchi” non è stato soltanto di semplice “timidezza”, “attendismo” o “possibilismo”
- il PD ha ricoperto e tuttora ricopre un ruolo da attore protagonista nella rimozione del Sud e nella sua consequenziale e sempre più chiara, netta e conclamata riduzione a “colonia estrattiva” di risorse finanziarie ed umane.
- Infatti, non solo per meri calcoli elettoralistici nel 2001 il PD ha varato la riforma del Titolo V della Costituzione Italiana, riforma, ha osservato il costituzionalista Giuseppe Tesauro, “fatta in notturna, alquanto frettolosamente”; non solo tra il 2014 ed il 2018 – Governi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni
- ha avviato il federalismo fiscale “estrattivo”, che, alla stregua di un “Robin Hood alla rovescia”, ruba ai poveri per dare ai ricchi; non solo a quattro giorni dalle elezioni politiche il Governo Gentiloni ha firmato le Pre-Intese con le tre Regioni “sovversive”, ma una di queste, l’Emilia Romagna, è guidata dal Presidente del PD Stefano Bonaccini.
PICCONATE ALLA COSTITUZIONE
Esiste al fondo un disegno politico, condiviso dal centrodestra, e specificamente dalla Lega, volto a sovvertire radicalmente l’architettura costituzionale? C’è chi pensa che sia cosa buona e giusta consolidare il divario abbandonando al suo destino la parte debole del paese?Certo da tempo gode di buona stampa l’idea di liberare la locomotiva del Nord dal peso dei vagoni più lenti, per favorirne l’aggancio all’Europa e la competitività nel mondo globalizzato. Ma si tratta di “un disegno radicalmente incostituzionale – spiega Lucchese – per tutto ciò che comporta in danno dei principi di solidarietà, perequazione, eguaglianza dei diritti”.
E’ dalla fine della Prima Repubblica, diciamo dal 1992 in poi, che una nuova formazione politica a dominante territoriale, quale è stato ed è ancora oggi la Lega, ha egemonizzato il quadro politico nazionale. Circa trent’anni in cui le altre organizzazioni politiche (anche il Pd) sono state costrette a rincorrerla sul suo terreno: ossia “la centralità della questione settentrionale e la rimozione di quella meridionale”, chiosa Lucchese.
Al tempo stesso è stato coltivato il disegno anticostituzionale di staccare la parte “produttiva” del Paese da quella “improduttiva”. Con tutto quanto ne segue sul piano simbolico in una narrazione che vede “il recupero e la rielaborazione di atavici pregiudizi antimeridionali” e la contrapposizione tra le due Italie: l’Italia “virtuosa”, “laboriosa” e “meritevole” del Nord e quella, invece, “fannullona”, “oziosa” e “sprecona” del Sud. La prima da premiare e la seconda da punire
SVEGLIA SUD(ALTRIMENTI SOCCOMBI)
“Non sarebbe opportuno iniziare a ragionare sulla costruzione di un soggetto politico meridionale e meridionalista di orientamento democratico, radicale, ecologista, antirazzista, antifascista ed antiliberista, che rappresenti le istanze, i bisogni ed i diritti disattesi del Mezzogiorno?”. Alla prima domanda Lucchese ne aggiunge un’altra:non di sarebbe oggi quanto mai bisogno di “un soggetto politico che, rimettendo al centro del dibattito politico nazionale ed europeo il dualismo Nord/Sud, lotti senza quartiere per l’uguaglianza, la perequazione, l’equità e la giustizia e la coesione sociale?”.
Il Mezzogiorno d’Italia somiglia molto all’Italia di Machiavelli, una terra ridotta alla mercé delle potenze straniere. E così come l’autore del Principe parlava di una “milizia” che sostituisse le truppe mercenarie al soldo ora di questa ora di quella Signoria, Lucchese guarda il Mezzogiorno ridotto a colonia e afferma: “Per essere combattuta, la madre di tutte le battaglie ha bisogno di “eserciti”. Il Nord ha dalla sua parte tutte le forze armate schierate in campo – sistema politico, economico-finanziario, socio-culturale, mediatico… il Sud ha tanto più bisogno del combinato di forza della mobilitazione popolare e qualità della rappresentanza politica e non solo della “moral suasion”.
Ed ecco come conclude a questo proposito il ricercatore vesuviano:
“In conclusione, il Mezzogiorno soffre di un drammatico deficit di rappresentanza che, a partire da altre “sponde” politiche, già si pensa di colmare o preannunciando la presentazione di una lista neo-borbonica per le elezioni regionali campane del 2020 o impegnandosi per la raccolta delle firme a favore di un referendum sull’istituzione di una Macroregione Sud. E la sinistra meridionalista cosa risponde? Pensiamoci!”
Claudio D’Aquino
Le altre interviste de Il SudOnline sull’argomento:
Il Sud senza classe dirigente – La risposta di Pedersoli a Bottazzo