di SIMONA D’ALBORA
Non sarebbe stato Totò Riina a ordinare la strage del rapido 904 che causò la morte di 17 persone il 23 dicembre 1984. A stabilirlo la Corte d’Assise di Firenze, che dopo quasi 31 anni dall’attentato, non riconosce il capo dei capi come il mandante della strage. Bisognerà, comunque, aspettare le motivazioni per capire il perché della sentenza di assoluzione con la formula che ricalca la vecchia insufficienza di prove.
PER LA GIUSTIZIA ANCORA NESSUN COLPEVOLE
Unico dato reale è che a 31 anni dalla strage la Giustizia non è ancora riuscita a condannare il colpevole dell’attentato. Riina ha seguito il processo in videoconferenza ma non ha voluto assistere alla sentenza che lo ha assolto per insufficienza di prove.
LA STRAGE DI NATALE
Il pomeriggio del 23 dicembre alle 19,08, il treno, che era partito da Napoli in direzione Milano e riportava a casa tantissimi viaggiatori in vista delle feste natalizie, fu colpito da una violentissima esplosione all’interno della Grande Galleria dell’Appennino, molto vicino al punto dove poco più di dieci anni prima c’era stato l’attentato dell’Italicus. 15 morti e 267 feriti fu il primo bilancio delle vittime, i morti sarebbero saliti a 17 per le conseguenze delle ferite riportate nell’esplosione. Per le modalità organizzative ed esecutive, e per i personaggi coinvolti, la Commissione Stragi individuò nella strage l’inizio dell’epoca della guerra di mafia dei primi anni novanta del XX secolo.
LE INDAGINI
Nel marzo 1985 vennero arrestati a Roma, per altri reati, Guido Cercola e il pregiudicato e il mafioso palermitano Pippo Calò. L’11 maggio 1985 durante la perquisizione al covo dei due arrestati, vennero rinvenuti alcuni chili di eroina e un apparato ricetrasmittente, delle batterie, alcuni apparecchi radio, antenne, cavi, armi ed esplosivi. Le perizie condotte prima a Roma e poi a Firenze dimostrarono come quel tipo di materiale fosse compatibile con quello usato nell’attentato al treno: anche l’esplosivo era del medesimo tipo, con la stessa composizione chimica.
Vennero a galla diverse linee di collegamento tra Calò, mafia, camorra napoletana, gli ambienti del terrorismo eversivo neofascista, la Loggia P2 e persino con la Banda della Magliana questi rapporti vennero chiariti da diversi personaggi vicini a questi ambienti, tra cui Cristiano e Valerio Fioravanti, Massimo Carminati e Walter Sordi. Le deposizioni che spiegavano i legami tra questi tre ambienti della criminalità emersero al maxiprocesso dell’8 novembre 1985, di fronte al giudice istruttore Govanni Falcone.
Il 9 gennaio 1986 il Pubblico Ministero Pierluigi Vigna imputa la strage del rapido 904 Calò e Cercola.
E da qui un processo che è andato avanti a colpi di ribaltamento di sentenze che non hanno dato alcuna risposta ai familiari delle vittime.
Una storia processuale complicata, insomma che getta un’ombra sull’operato della Giustizia.
LA STORIA DEL PROCESSO DI RIINA
Il 27 aprile 2011 la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli emise un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del boss mafioso Totò Riina per la strage, precisando che Riina è considerato il mandante della strage. Il 25 novembre 2014, si apre a Firenze il processo a Totò Riina. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia napoletana l’attentato si inserì in un disegno strategico di Riina per far apparire l’attentato come un fatto politico e come risposta al maxi processo a Cosa Nostra. Il resto è storia di ieri Totò Riina viene assolto, secondo la sentenza per non aver commesso il fatto.
I FAMILIARI DELLE VITTIME
Intanto i familiari delle vittime e dei superstiti esprimono amarezza per una sentenza che ancora una volta lascia una strage senza colpevoli.
“Se in un paese civile la giustizia è questa, ancora di più dobbiamo indignarci e sperare di far luce sulla verità. Per le vittime, per i loro familiari e per i superstiti”. Dichiara Giuliana Covella, giornalista e autrice del libro “Rapido 904, la strage dimenticata” (Graus), intervenuta alla conferenza stampa convocata dall’Associazione Familiari Vittime Treno Rapido 904.
“Già in passato vi sono state condanne e poi assoluzioni – aggiunge Covella – . Ora, a trent’anni di distanza, l’ennesima offesa alla memoria delle vittime del Rapido 904. Chi è stato allora? Chi furono i responsabili? Un ex boss della camorra come Giuseppe Misso fu condannato all’ergastolo, poi venne assolto e accusato solo del reato di detenzione di esplosivo. Un ex poliziotto corrotto legato al clan Misso testimoniò all’epoca quanto sarebbe avvenuto il 23 dicembre 1984. C’era un disegno preciso stabilito da mafia, camorra e servizi segreti deviati. Oggi qualcuno continua a volere che la strage di Natale sia dimenticata”.