Sono passati nove anni dal tragico ammaraggio dell’Atr 72 della Tuninter al largo della costa di Capo Gallo vicino Palermo, in Sicilia, nel quale morirono 14 passeggeri e due membri dell’equipaggio e altre 23 persone rimasero ferite o riuscirono a salvarsi. Quel 6 agosto del 2005 il volo, partito da Bari nel primissimo pomeriggio, era diretto a Djerba, in Tunisia. A bordo i passeggeri erano tutti pugliesi, in viaggio per un periodo di vacanza. A un certo punto l’Atr si ritrovo’ senza carburante. Di qui la decisione del pilota Chafik Gharbi di tentare l’atterraggio in mare.
Una decisione controversa perche’ il velivolo si spezzo’ in tre parti. A marzo del 2013 la Corte di Cassazione ha detto la parola fine alla vicenda giudiziaria rigettando il ricorso dei sette imputati condannati sia in Corte di Assise che in Corte di Appello. Oltre alle pene inflitte al comandante Gharbi (6 anni e 8 mesi) e al copilota, Ali’ Kebaier (6 anni), di poco inferiori ma particolarmente significative furono quelle a carico del direttore generale della compagnia, che faceva parte della Tunisair (la compagnia di bandiera tunisina), del direttore tecnico, del responsabile del reparto di manutenzione, di un meccanico e del responsabile della squadra manutenzioni. Eppure, denunciano i familiari delle vittime, la condanna definita “non è mai stata applicata”. “Tutti i condannati sono in piena liberta’ e nessuno di loro sta scontando la pena”, dice all’Adnkronos la presidente dell’associazione, Rosanna Albergo Baldacci.