di LAURA BERCIOUX
Poco più di trent’anni anni, padre d’un bambino, Ernesto è morto di freddo in un ospedale napoletano. La dura denuncia dei familiari. Gli avvocati denunciano un trattamento disumano. E’ possibile morire a poco più di trent’anni in ospedale dopo una notte trascorsa in barella all’addiaccio, sotto una finestra rotta e un condizionatore guasto che emette aria gelata? E’ stato questo l’assurdo destino che in poche ore ha condotto alla morte Ernesto Biancolino, trentaquattro anni, sposato e padre di un bambino di sette anni.
L’allucinante via crucis che si è portato via Ernesto,spirato la mattina di giovedì 5 febbraio dopo una notte e un giorno trascorsi al gelo nei corridoi del San Giovanni Bosco, è stata messa nero su bianco dal padre Vincenzo dinanzi agli uomini del commissariato di San Carlo all’Arena, dove si è recato per sporgere denuncia. Assistito dagli avvocati Angelo e Sergio Pisani, Vincenzo Biancolino spiega che lunedì scorso di prima mattina Ernesto aveva cominciato ad accusare dolori diffusi. Recatosi dal medico di famiglia, gli vienediagnosticata una forma influenzale e prescritta la classica cura con antibiotici.
In serata, nonostante le prime cure, subentra l’affanno. Il padre lo porta al Pronto soccorso del vicino San Giovanni Bosco, dove a seguito dei primi accertamenti il medico riscontra una lieve bronchite e problemi epatici. Il giovane torna a casa, ma l’affanno aumenta, tanto che in tarda serata con il 118 viene trasportato nuovamente al San Giovanni Bosco. Ai familiari i medici dichiarano che non c’è posto: o resta in barella o deve essere trasferito in un altro ospedale. Ernesto resta tutta la notte sulla barella nel corridoio del Pronto soccorso. Viene poi spostato in prossimità di una finestra coi vetri rotti coperti da cartoni, da cui entra tutto il gelo della notte. E alle rimostranze dei genitori il personale risponde che l’unica alternativa è cercare un altro ospedale.
«Noto che mio figlio aveva un braccio congelato – racconta il genitore – e non ricevendo spiegazioni chiamo il 112 dei Carabinieri». All’arrivo della volante il giovane viene spostato e trasportato dietro una parete divisoria. Mercoledì mattina. Le condizioni di Ernesto, che è sempre in barella, peggiorano rapidamente. Alla madre, che sollecita gli interventi necessari, viene detto che un posto lì non ci sarà prima di sette-otto giorni. Nel pomeriggio un ulteriore aggravamento e la decisione dei sanitari di trasferire il giovane: prima al reparto di medicina poi da qui, subito, in rianimazione. Solo vaghe risposte all’ansia dei genitori oltre quella porta: gravissime complicazioni ai polmoni. La mattina di ieri, giovedì 5 febbraio, intorno alle 8, un medico esce dalla rianimazione e si avvicina ai genitori. Per comunicare che il loro figlio è deceduto. «Voglio precisare – sono le ultime parole della denuncia presentata dal padre Vincenzo – che mio figlio stando sotto la finestra, dove c’erano i cartoni, si era congelato tutto il lato destro, mentre l’aria condizionata invece di mandare aria calda mandava aria fredda».
Sarà mai possibile identificare i responsabili dellaperdita così assurda di una giovane vita umana? «Nessuno purtroppo – afferma il difensore della famiglia, avvocato Angelo Pisani – potrà più restituire Ernesto all’amore dei suoi cari ed al suo piccolo bambino . Tuttavia questo non significa che si possano tollerare trattamenti disumani , violazioni dei diritti umani e torture in barella in ogni ospedale napoletano , ora si dovranno fare accurate indagini e capire di chi è la responsabilità di questo scempio. Siamo già al lavoro per chiedere ed ottenere giustizia , aspettiamo l’autopsia e speriamo che il governo affronti lo scandalo barelle causa di morti assurde. Lo dobbiamo non solo ad Ernesto e alla sua famiglia – conclude il legale – ma anche ai tanti altri innocenti che senza santi in paradiso ogni giorno si trovano a vivere lo stesso, tragico calvario. Situazioni del genere non sono più accettabili in un Paese civile. Dobbiamo fare in modo che tutto questo non accada mai più ed i responsabili della sanità dovrebbero subito dimettersi per far resuscitare il diritto alla salute ».