di Ettore Mautone
Quattro miliardi di tagli alle Regioni inseriti nella legge di Stabilità: per la Campania la scure vale circa il 10 per cento della somma, ossia 400 milioni tondi. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, assicura che non ci saranno tagli sulla Sanità confermando che almeno il Patto per la Salute Stato-Regioni è salvo. Il nodo della spending-review resta però intatto. Il Governo non è intenzionato a fare sconti sebbene confermi la piena disponibilità ad accogliere le proposte delle Regioni nel rispetto dei saldi previsti dalla legge di Stabilità.
Dove saranno prese, dunque, le risorse necessarie a far quadrare i conti? Esclusa la leva delle tasse a pagare pegno dovrebbe essere una fetta degli interventi di edilizia sanitaria.
Le Regioni, dopo l’incontro a Palazzo Chigi di giovedì scorso, si sono riunite oggi in Conferenza Stato-Regioni per trovare il bandolo della matassa. Allo studio ci sono le loro controproposte che si muoveranno su 3 assi principali: applicazione dei costi standard, utilizzo di fondi accontonati al Mef e, appunto, la revisione dei fondi inutilizzati da reinvestire in edilizia sanitaria. “Se è vero che il 70 per cento dei bilanci regionali sono assorbiti dalla Sanità – avverte Raffaele Calabrò, consigliere per la Sanità del governatore Stefano Caldoro – le risorse dovranno provenire per una fetta consistente su questo capitolo. Il lodo Chiamparino (il presidente della Conferenza delle Regioni ndr) elaborato di concerto con i governatori indica una soluzione facendo salvo il Patto per la Salute. Ossia impiegare una fetta delle risorse dell’articolo 20 della finanziaria del 1988 destinati all’edilizia sanitaria”.
Edilizia sanitaria: tesoretto da 7 mld
Il tesoretto vincolato e destinato alle Regioni ammonta a circa 7-8 mld di euro. Alla Campania spettano 1,2 mld. Un fondo che la Campania ha accumulato negli anni sia per i ritardi della programmazione regionale (tra revoche e recuperi di finanziamenti) sia a causa delle indisponibilità di cassa del Governo. L’ultimo accordo di programma – con l’elenco delle priorità e il dettaglio dei lavori da eseguire – data circa un anno fa. Da allora non se n’è più parlato. Opere legate a doppio filo con l’attuazione del piano ospedaliero. La Campania, entro metà del prossimo novembre dovrà infatti consegnare ai ministeri vigilanti la versione riveduta e corretta del riassetto delle rete delle degenze originariamente proposta nel 2010 (decreto 49). Al lavoro c’è una commissione ad hoc. Il Piano da solo vale risparmi strutturali per circa 260 milioni di euro annui. Una riforma rimasta per ora a metà del guado. Nell’elenco delle opere edilizie da effettuare ci sono 186 interventi tra completamenti, ristrutturazioni, adeguamenti tecnologici e investimenti in sicurezza (norme antincendio), oltre che nuove realizzazioni (l’ospedale della Valle del Sele, centri polifunzionali e Rsa per cronici e anziani). Un programma che, alla luce dei tagli proposti, andrà profondamente rivisto per conseguire risparmi per 2-300 milioni, circa un quarto della posta. La manovra delle Regioni è però strategica: da un lato mira a ribaltare sull’esecutivo a guida Renzi la responsabilità di far quadrare i conti della legge di Stabilità (agendo su risorse dello Stato ma attribuite alla competenza delle Regioni). Dall’altro punta a rimettere in agenda la partita dell’edilizia sanitaria che sembrava ormai dimenticata.
Dal 2010 i fondi per l’edilizia sanitaria possono essere utilizzati anche per altri scopi. Nell’ultima conferenza Stato-Regioni la Campania ha incassato il via libera ad un articolato programma di riorganizzazione gestionale e contabile finalizzato alla certificazione dei bilanci delle aziende sanitarie. Un capitolo che però difficilmente sarà sacrificato: si tratta infatti di un nodo ancora scoperto della sanità regionale.
Una partita complessa che si gioca in tempi stretti e che richiede rapidità di azioni e decisioni oculate su cosa, come e quanto sacrificare sull’altare della spending-review. Pena il rischio di inficiare la riorganizzazione delle corsie di Asl e ospedali perdendo l’occasione unica di riformare in maniera duratura la rete ospedaliera regionale.
Ipotesi alternativa
Un’ipotesi alternativa prevede, infine, di tagliare di 1,5 mld il Fondo sanitario nazionale per riequilibrare i 4 mld in finanziaria. Misura che, tuttavia, non modificherebbe di una virgola il saldo negativo per i governi locali, con l’unica variante di indicare specificamente i sacrifici chiesti alla Sanità. Senza contare l’ulteriore tagliola di mezzo miliardo imposto sulla compartecipazione ai fondi Ue. Perché a fare un po’ di conti, in soldoni – aggiunti ai tagli degli anni precedenti e a quelli dell’attuale finanziaria – sulle Regioni grava una scure di 7 mld e 250 mln (4 mld della manovra Renzi dal 2015, 1,8 delle manovre Renzi e Monti, 450 mln di minor gettito Irap (che serve appunto a finanziare la Sanità) e 500 mln di tagli di cofinanziamenti per i fondi comunitari.