B S Aliberti Borromeo
Il Rinascimento, la Roma dei papi, il XVI secolo mettono in luce una società dove l’intero potere è nelle mani dei ricchi e dei nobili, due condizioni sociali sempre, o quasi sempre, presenti negli stessi individui. La società è dominata da profonde ingiustizie, insanabili, la magistratura, totalmente corrotta, esercita la sua funzione solo con la tortura dove le efferatezze superano la barbarie dei delitti stessi e che io stessa mi rifiuto spesso di tradurne i passi più crudeli poiché il lettore non sarebbe in grado di sopportarne la bieca disumanità.
I papi vivono drammaticamente il contrasto fra potere spirituale e potere temporale; la nobiltà imperversa e solo i briganti alla macchia possono tentare un momento di riscatto per le classi più deboli.
Tra assassini, briganti soldati e cardinali corrotti, le figure femminili vivono da protagoniste: bellissime, giovanissime sinonimo di presagi nefasti, tragedie; eppure tutti nessuno escluso hanno in comune la stessa fede, credono tutti in Cristo e prima ancora di commettere le azioni più sacrileghe, si raccolgono in preghiera, recitano il rosario, chiedono l’indulgenza, ignorano l’ateismo, accettano i delitti ma non pensano mai al suicidio.
E’ in questo clima che il 24 Aprile 1585 sale al soglio pontificio Felice Perretti prendendo il nome di Sisto V, soprannominato il Turbine consacrato, in quanto in soli cinque anni ha svolto un lavoro che ne avrebbe richiesto cinquanta. Di origini marchigiane,(Grottammare 13 dicembre 1521) il papa neoeletto governa Roma con un pugno di ferro, combattendo sia il brigantaggio che i costumi immorali, non disdegnando la magnificenza connessa al suo ruolo e al potere della Chiesa; basti pensare che durante il giubileo del 1575, quando i cardinali Baronio, Bellarmino e Borromeo facevano a gara nel mostrarsi in pubblico in abiti dimessi percorrendo scalzi le vie di Roma in vesti da pellegrini, il futuro pontefice fece le sue visite giubilari con un corteo di 120 cavalli, per dimostrare la potenza della Chiesa.
Prodigioso fu il suo impegno nel settore urbanistico di Roma: dopo Lutero e l’atmosfera penitenziale dei papi del Concilio, il Papato doveva celebrare il trionfo, catturare, stupire con l’opulenza dei suoi monumenti e mostrare al mondo la sua immortale vitalità. Piano regolatore a parte, completamento della cupola di S Pietro e del palazzo del Quirinale, un’attenzione meritano i quattro obelischi eretti a piazza San Pietro,piazza dell’Esquilino, piazza del Popolo e San Giovanni in Laterano.Per trasportare l’obelisco dal circo di Nerone fino a San Pietro occorsero 40 argani, 800 uomini e 140 cavalli. Si racconta che durante le fasi finali e cruciali dell’operazione ci fosse il capitano Antonio Bresca, marinaio di Sanremo, il quale osservando le cime in tensione che si assottigliavano e fumavano si mise ad urlare di gettare acqua sulle corde, suggeritogli dalla sua esperienza marinara, che gli ricordava che le fibre di canapa, bagnate, si restringono. La tragedia fu evitata e l’obelisco è ancora in bella mostra nella piazza più famosa del mondo.
Roma si trasformò, l’architetto preferito dal pontefice fu Domenico Fontana, furono acquistati palazzi tra cui la Villa di Monte Cavallo dei Carafa, per farne la residenza estiva papale, ma un occhio di riguardo va al fatto che lo stesso pontefice fece costruire nel 1587 un ampio palazzo per ospitare la Biblioteca Vaticana tra il Cortile del Belvedere e quello tutt’ora chiamato “ della Pigna”, emanando addirittura normative specifiche per l’uso e la custodia delle raccolte.
Si occupò anche di un tema attualissimo quale l’aborto: con la bolla “Effrenatum” stabilì che l’aborto era pur sempre un omicidio e poteva essere punito anche con l’eventuale scomunica papale però, entrando in netta contraddizione fece eseguire pene di morte sospese da anni specie di briganti. Si arra che egli stesso amava travestirsi da eremita e di notte girovagare per le strade di Roma al fine di scovare i ritrovi dei briganti e gli accampamenti di malavitosi, poi dopo processi molto sommari, affidava l’esecuzione della pena al braccio secolare; abbassò la minorità delinquenziale al quattordicesimo anno così anche molti ragazzini furono impunemente giustiziati.
Un papa pieno di sè e del suo potere tanto che riscrisse la Bibbia, in quanto egli asserì di essere il solo, in quanto pontefice, di essere in grado di produrre un’autentica Bibbia per la Chiesa.
Un celebre motto ancora riecheggia per le vie di Roma: “ Papa Sisto non la perdonò neppure a Cristo”. Ciò è dovuto all’episodio avvenuto durante l’ultimo periodo del suo pontificato: egli venne a sapere che nelle campagne di Roma, un immagine lignea di Cristo aveva iniziato a trasudare sangue, richiamando molte persone e procurando al proprietario della statua un cospicuo introito. Il papa si recò a prendere visione e dopo che gli fu mostrato il “ miracolo” questi ruppe la statua con un ascia trovando al suo interno una spugna imbevuta di sangue di vitello. Il proprietario fu portato a Roma e giustiziato.
Sisto V morì di malaria il 27 agosto 1590.