E’ trascorso quasi mezzo secolo, era la notte tra il 17 e 18 dell’ottobre del 1969, dal furto e dallo sfregio artistico della tela della Natività del Caravaggio (dipinta in Sicilia durante la sua lunga fuga in quanto ricercato a Roma per l’omicidio di un nobile) conservata presso l’Oratorio di S. Lorenzo a Palermo, ma non protetta adeguatamente, come ha dimostrato la facile trafugazione, da quelle istituzioni pubbliche di Palermo e statali che ne avrebbero dovuto garantire la protezione. E da allora solo depistaggi , dichiarazioni inattendibili e, probabilmente, poche tracce riscontrate dell’opera.
A ciò si inserisce l’ultimo sfregio contro il Caravaggio autorizzato da rassegnate Ististuzioni palermitane che è l’indecente inserimento al posto dell’originale rubato di una stampa dello stesso Il tempo passa inesorabilmente per la dimenticata opera ma le Istituzioni no, anzi continuano in un assordante silenzio a tacere!
Un quadro famoso, ma sicuramente meno per le ignoranti e irresponsabili istituzioni – afferma Alfio Lisi Portavoce Free Green Sicilia – SOS Beni Culturali – difficile da trasportare viste le dimensioni e , forse, difficile da collocare sul mercato internazionale: il suo furto faceva pensare a committenti colti, ma ovviamente con buoni agganci con la delinquenza palermitana. Ma nella Palermo degli eterni misteri a entrare in gioco sul furto del Caravaggio come spesso accade è proprio la mafia (l’accadimento fornì a Leonardo Sciascia lo spunto per il suo ultimo racconto, Una storia semplice). “Al demerito del gesto – scrisse a questo proposito Giuseppe Servello, il 30 ottobre 1969 sulle pagine del ‘Giornale di Sicilia’ – i ladri possono opporre un merito culturale, perché con la loro iniziativa hanno fatto conoscere alla stragrande maggioranza dei palermitani l’esistenza di un capolavoro d’arte in famiglia”.
Nell’ udienza del 5 novembre 1996 – relativa al processo Andreotti – fu Francesco Marino Mannoia a raccontare cos’ era accaduto: la tela staccata dalla cornice con una lametta da barba, arrotolata senza alcuna perizia e che s’ era rovinata nel trasporto, l’ acquirente che aveva pianto nel vedere com’ era ridotta, la sua distruzione perché «non era più in condizioni di essere utilizzata». Del quadro hanno poi parlato numerosi collaboratori di giustizia. Smentendo Marino Mannoia ne hanno fatto un simbolo di prestigio esposto ai summit di mafia dalle varie «famiglie» vincenti: la bellezza presa in ostaggio dalla miseria morale, esibita in tutta la sua indifesa fragilità.. Secondo un altro pentito, Giovanni Brusca, esso sarebbe invece stato “barattato”, negli anni ’90, con un alleggerimento del “41 bis”. Così facendo, implicitamente si ammette che esso si trova ancora nelle mani di qualche “uomo d’onore” e Salvatore Cangemi esplicitamente confessa che esso è ancora in possesso della mafia, che lo esporrebbe durante i summit in segno di potere.
I carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale di Palermo, che non hanno smesso di indagare e che seguono le sorti del quadro sin dal 1969, sono riusciti a ricostruire i passaggi di mano del dipinto fino al 1981, anno in cui si sarebbero perse le tracce, trovandosi più di una volta ad un passo dal recupero.
Al momento del furto, anche grazie al restauro del 1951, sarebbe stato in condizioni di conservazione pressoché perfette. Il valore di questo capolavoro secondo alcune stime si aggirerebbe oggi in oltre 30 milioni di euro.
Da tutto ciò, oltre al fatto che la tele caravaggesca sarebbe ‘viva’ e, forse, in buono stato, quello che dovrebbe preoccuparci è se ancora le istituzioni interessate stiano facendo più di qualcosa per sperare che tale opera possa ritornare nelle mani dei siciliani onesti ed esposta nello stesso luogo in cui fu rubata ovviamente, con sconcertante semplicità (come se il Caravaggio fosse un emerito sconosciuto).
Più volte è stato detto da uomini delle forze dell’ordine che il reato di furto dell’opera sarebbe caduto in prescrizione. Dunque è facile capire che paradossalmente potrebbe essere riconsegnato senza alcun rischio specifico ai frati francescani dell’Oratorio di S. Lorenzo e San Francesco, stupendo oratorio, dove sono esposti alcuni splendidi stucchi, sacri e allegorici, del grande maestro palermitano del ‘600, Giacomo Serpotta, anch’esse in parte depredate.
Dunque Alfio Lisi, portavoce di Free Green Sicilia – SOS Beni Culturali, lancia, come da anni, lancia un ennesimo accorato appello a chi detiene l’opera o a chi sa dove si troverebbe nascosta e,speriamo, ben conservata: Liberate il ‘Caravaggio’ e restituitelo ai siciliani e al mondo intero.
Alfio Lisi