I dati arrivati negli ultimi giorni sul fatturato dei servizi, in particolare per il comparto del credito e della finanza, e quelli sui consumi delle famiglie, hanno imposto a Istat una correzione al ribasso della stima flash di trenta giorni fa sul Pil del terzo trimestre. Ora è ufficiale: l’economia nazionale tra luglio e settembre non s’è fermata ma è arretrata. Il Prodotto nazionale misurato in valori concatenati è diminuito di un decimale in termini congiunturali, mentre la variazione tendenziale scende a +0,7% (contro il +0,8% stimato trenta giorni fa). La crescita acquisita, ovvero quella che si registrerebbe anche nel caso di variazione nulla tra ottobre e dicembre, è ora dello 0,9% (era al 1% nella stima preliminare) quindi lontana dal +1,2% previsto dal Governo. Dal lato della domanda intema tutti i principali aggregati hanno segnato un calo congiunturale: -0,1% i consumi finali nazionali e -1,1% gli investimenti fissi lordi. L’andamento, in frenata, dell’economia, con il primo calo congiunturale del Pil ha iniziato a riflettersi sul mercato del lavoro, che si mostra “fiacco”: a ottobre il numero di occupati è rimasto sostanzialmente fermo (+9mila unità), con un tasso di occupazione stabile al 58,7 per cento. Dopo sette mesi di crescita ininterrotta sono diminuiti i lavoratori a tempo determinato (-13mila persone); in discesa pure gli autonomi (-15mila), mentre sono tornati a salire gli occupati stabili (con contratto a tempo indeterminato), +37mila posizioni, frutto, anche, di un incremento delle trasformazioni di precari “di lungo corso” (dal 1° novembre sono in vigore le regole più stringenti eonerose su contratti a termine e somministrazione introdotte dal decreto dignità – da agosto a ottobre l’occupazione si è ridotta di 40mila unità). il tasso di disoccupazione, per il secondo mese consecutivo, ha aggiunto sempre ieri l’Istat, è registrato in salita, al 10,6% (+0,2 punti, ci sono 64mila disoccupati in più), in controtendenza rispetto all’area Euro dove è rimasto stabile all’8,1%.