L’altro ieri il CCDU ha partecipato a una manifestazione organizzata da due ragazzi in gamba, chiedendo la liberazione di Carlo Gilardi, il professore rinchiuso contro la sua volontà in una RSA su richiesta dell’amministratore di sostegno. Il caso era balzato agli onori della cronaca grazie all’interessamento delle Iene, che ne hanno parlato in più occasioni. L’alta risonanza mediatica risultò in un proliferare di gruppi facebook per chiedere “Libertà per Carlo”: due ragazzi coraggiosi e intraprendenti, Benedetta e Alessandro, hanno deciso di entrare in azione, organizzando una manifestazione cui hanno partecipato un centinaio di persone, con l’obiettivo di far sentire a Carlo (come lui vuole essere chiamato) un po’ di calore umano, augurargli un Buon Natale e, soprattutto, chiederne la liberazione immediata.
I contorni della vicenda non sono del tutto chiari. Sembra sia stato richiesto un ASO (Accertamento Sanitario Obbligatorio) da cui sarebbe scaturita la richiesta dell’amministratore di sostegno di rinchiudere Carlo in una RSA lecchese, ma le cose non tornano: alla manifestazione diverse persone che lo conoscono bene hanno descritto Carlo come una persona lucida e in pieno possesso delle sue facoltà mentali, un uomo generoso che nell’arco della sua vita ha aiutato molte persone, ma ben consapevole di ciò che fa. Nelle parole di un presente:
“La sua mentalità è diversa da quelli che pensano ci si debba identificare in una bella macchina o in un bel vestito: è un uomo solidale e generoso, che ha fatto tantissimo per la sua comunità e non solo. Vogliamo aiutarlo a tornare a casa”
Tra i manifestati era diffuso il sospetto, più volte ripetuto con slogan molto espliciti, che l’interdizione di Carlo non fosse motivata dalla necessità di ‘tutelarlo’ ma, semmai, dal desiderio di mettere le mani sul suo patrimonio. Benedetta, una dei due organizzatori, ha citato un articolo di giornale in cui si esprimono alcune perplessità sulla gestione del patrimonio di Carlo, ricordando infine che:
“Carlo paga 3.500 euro ogni mese a questa clinica di lusso dove ha detto di essere trattato molto bene, come un re, ma dove comunque non intende restare. Con questi soldi potrebbe vivere da re a casa sua, se il giudice e l’amministratore davvero avessero avuto a cuore il suo bene. In questo mese e mezzo tanti hanno provato a chiamarlo, non gli è mai stato passato il telefono, i parenti volevano vederlo, gli è stato negato. Come la definite questa? Questa è dignità?”
Il Vicepresidente del CCDU ha voluto mettere l’accento sul vero problema:
“Occorre rendersi conto che il problema non è limitato a Carlo Gilardi. Migliaia di persone sono vittime di un sistema che, dietro la facciata della tutela, diventa invece una ragnatela. L’attuale legge non prevede sufficienti paletti all’azione dell’amministratore di sostegno, aprendo la porta ad abusi e violazioni. L’Amministratore di Sostegno non ha solo la gestione del patrimonio della persona sottoposta a ‘tutela’, ma perfino del suo corpo (può decidere che venga rinchiuso da qualche parte, limitando la sua naturale libertà di movimento, comunicazione ecc.) e della sua mente (può accettare, a nome del soggetto ‘tutelato’, trattamenti psichiatrici anche molto invasivi). Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani aderisce alla campagna promossa dall’associazione Radicale “Diritti alla Follia”, denominata “Se la tutela diventa ragnatela” con l’obiettivo di riformare la figura dell’ADS sul modello svedese dell’ombudsman. Se la legge attuale rende possibili situazioni come quella del prof. Carlo, è urgente cambiare questa legge.”