La documentazione presente in rete relativa al Congresso degli scienziati che si svolse a Napoli nel 1846 mette in risalto la presenza di numerosi personaggi noti e meno noti che ebbero un ruolo significativo nelle questioni politiche e culturali del periodo. Sia internamente che da Stati esteri dello Stivale provenivano questi illustri scienziati, che spesso furono l’anima Risorgimentale, di un Risorgimento ancora per certi aspetti ai primordi; quando il federalismo unitario era una priorità insieme alla cacciata dell’invasore austriaco.
Il Presidente dell’Accademia Pontaniana così come il governatore del Real Collegio di musica di Napoli, Della Valle, inviano finito al Segretario di Stato borbonico. Anche l’aspetto organizzativo viene dalle carte posto in evidenza. Il Prefetto di polizia S. Sarlo indica al sindaco di Napoli la necessità di noleggiare carrozze per i partecipanti al Congresso. Tra questi nomi ne compaiono due in particolare che hanno destato la mia attenzione: Carlo Luciano Bonaparte e Jacopo Graberg di Hemso. Il primo lesse in apertura dei lavori della sezione zoologica una relazione.[1]Mentre Jacopo Graberg de Hemso figura tra i rappresentanti della deputazione dell’Accademia dei Georgofili fiorentina.
Perché associare questi due nomi?Una donna lucchese, la marchesa Eleonora Bernardini, frequentava entrambi per ragioni politiche. Queste due figure e quella della marchesa sono essenziali per comprendere le dinamiche del periodo.
Il cugino del Borbone di Napoli, Carlo Ludovico di Borbone Parma, regnante in Lucca, aveva assoldato tutti questi personaggi e nel 1843, ossia due anni prima del Congresso napoletano, aveva anche lui ospitato nel suo Stato un congresso, uno dei tanti che si organizzarono in quel periodo, con scopi prioritariamente politici.
Eleonor bernardini, una nobile lucchese amica intima deiBonaparte, di tutti i Bonaparte a cominciare dalla coppia Imperiale costituita da napoleone I e da sua moglie Giuseppina con cui tenne, a partire dalla prima Campagna d’Italia, intensa corrispondenza, che resterà costante per il resto della vita dell’Imperatrice. Da quello che sappiamo ad oggi tale corrispondenza pare sia andata perduta.[2]la marchesa fu una sorta di agente per il duca Borbonico, in corrispondenza perenne col Segretario di Stato lucchese del periodo Ascanio Mnìansi, a cui riportava fedelmente ed in modo piuttosto equilibrato le sue esperienze fiorentine. In particolare descriveva i suoi incontri a Firenze con i Principi francesi ( i Bonaparte), con alcuni uomini di fiducia della corte Sabauda che li transitavano[3] . Alcune di queste lettere sono indirizzate al Graberg de Hemso. La marchesa fu persino madrina della nipote del commodoro che era stato a servizio sia della corona inglese che del Principe di Carignano per poi trasferirsi a Firenze, occupandosi di cultura all’interno dell’Accademia dei Georgofili. Il Graberg, svedese di nascita, fu sicuramente figura di primo piano e in sintonia, come appare dalle carte, proprio con Carlo Luciano Bonaparte, il figli scienziato di Luciano Bonaparte che ebbe un ruolo essenziale nel nostro Risorgimento.
Una pubblicazione del 1841 attesta gli interessi geografici che accomunarono i due personaggi.
“Degli ultimi progressi della geografia. Sunto letto dal conte cavaliere Jacopo Graberg de Hemso, dottore di filosofia e delle lettere e membro onorario estero delle società geografiche di Parigi, Londra, Berlino, Francoforte e Rio de Janeiro (18 e 29 settembre 1840). Dalla riunione degli scienziati italiani tenuta a Torino”.
Trascrivo qui un brevissimo brano tratto dall’opera medesima che ritengo particolarmente significativo per spiegare il senso di questi incontri ma soprattutto il pensiero politico di questi personaggi: “Composta invece tirassi la geografia ogni volta che diviene un aggregato di molte scienze. E però, trattandosi della geografia semplice, il signor capitano Washington, colla mira di stabilire un metodo per studiarla con buon successo, considera essenzialmente indispensabili, 1° una classificazione sistematica di tutti gli oggetti che vi appartengono; 2° una buona, ragionata e sempre uniforme nomenclatura: Mediante questi tre compensi, Linneo, Cuvier, Lamark, Werner, Hauy, il principe Carlo Luciano Bonaparte ecc..hanno dato alle scienze, che rispettivamente coltivarono e quasi crearono, un impulso ed una carriera che non potranno mai venire meno finché non arrivino al più alto grado possibile di perfezione […]”. [4]
Le due citazioni, Washington e Carlo Luciano Bonaparte, sono emblematiche. Con i suoi studi ed i suoi interessi culturali, ma soprattutto con i suoi trascorsi politici, il Graberg si inserisce a pieno titolo tra chi, nel nostro Paese, voleva un unione federale e di stampo europeo, su modello di quelle monarchie e democrazie costituzionali più avanzate che Inghilterra e Stati Uniti rappresentavano. Non si trattava di scegliere tra Monarchia o repubblica quanto piuttosto far rivivere i fasti dell’epoca napoleonica sotto il profilo giuridico ed istituzionale.
La figura del Graberg, che ben si lega ad un cosmopolitismo ante litteram che certamente anche Carlo Luciano Bonaparte rappresenta, ben si lega ad una pubblicazione dal titolo “Il Mediterraneo e l’Italia nell’Ottocento nelle opere di Jacopo Graberg de Hemso ( 1776-1847)”.[5] Nel primo capitolo viene messa in evidenza l’esperienza marocchina del Graberg che fu inviato da Genova a Tangeri. Seguì poi l’esperienza di bibliotecario della Biblioteca palatina di Firenze di questo enciclopedico svedese “devoto all’Italia ed al Mediterraneo”. Egli, occupandosi in prima persona delle relazioni commerciali dell’Egitto, dell’Isola di Candia e della Siria coi porti italiani, principalmente con quello di Livorno, bene illustra il quadro. Napoli, la Sicilia, il Regno che si formò dopo la restaurazione furono per lui e per il Bonaparte scienziato motivo di attenzione particolare e di interesse politico. Dalle carte della marchesa Bernardini sembrerebbe che anche i Borbone di Napoli si mossero in vista di queste posizioni fiorentine che investirono con tutta probabilità marginalmente anche gli Asburgo Lorena. Sicuramente il duca Borbonico lucchese e gli stessi Bonaparte mazziniani fuggiaschi e di riflesso anche il regno di Sardegna del giovane Carlo Alberto furono particolarmente vicini in un percorso che vedeva in chi non faceva Asburgo un bisogno reale di allontanarsi dal modello Viennese. Certamente i duchi d’antico regime borbonici non dovettero avere per così dire le idee chiare, non dovettero sempre remare dalla parte di quei patrioti scienziati che fecero il Risorgimento. Non così del Bonaparte erede di Luciano, che si spese oltre misura arrivando ad essere membro attivo durante la Repubblica Romana di Mazzini, e restando fedele anche dopo la caduta della Repubblica medesima agli ideali che l’avevano ispirata.
La sponda mediterranea era comunque essenziale soprattutto per chi, come il Sovrano Borbonico di Napoli, ne rappresentava l’essenza sul piano territoriale. Non dimentichiamo che Napoli aveva rappresentato durante il periodo napoleonico un trampolino di lancio verso l’Europa Mediterranea. Se la Sicilia era rimasta prerogativa inglese, Napoli era pur sempre un avamposto importante che tale rimase anche in epoca di Restaurazione.
Soprattutto la marchese Bernardini nelle sue carte mette in risalto il ruolo dinamico nel primo Risorgimento dei Principi napoleonidi che vollero sostenere attraverso gli eredi di Luciano Bonaparte, che morì in Viterbo nel 1840, ed i loro cugini, l’intero Stivale. Ciò appare dalle carte.[6]
Apripista il quasi riformato Carlo Ludovico di Borbone Parma, sicuramente un personaggio da riscoprire.
[1] Archivio di Stato di Napoli, Manoscritto 17.8
[2] Probabilmente una corrispondenza di queste proporzioni e di ampio significato politico deve aver preso strade che gli storici non conoscono e che indubitabilmente rappresentarono una via salvifica all’epoca.
[3] Lettere all’archivio di Stato di Lucca nelle carte Mansi e Bernardini dal 1808 al 1840.
[4] Jacopo Graberg de Hemso, Degli ultimi progressi della geografia, Torino 1841, p. 8.
[5] Romanin H. Rainero, Il Mediterraneo e l’Italia nell’Ottocento nelle opere di Jacopo Graberg de Hemso (1776-1847”, editore Istituto per l’Oriente.
[6] Padre Gioacchino Prosperi, dalle Amicizie Cristiane ai Valori Rosminiani, tesi di laurea Università di Pisa a.a. 2009-2010, Elena Pierotti.