Sono ore decisive per il viaggio parlamentare dell’Italicum, la legge elettorale scritta dal leader democratico, Matteo Renzi. Venerdì, dopo oltre due ore, la commissione Affari costituzionali di Montecitorio ha approvato il testo base (col voto contrario di M5S-Lega e l’assenza di Sel, alle prese col congresso). Adesso i partiti avranno tempo fino a lunedì alle 13 per presentare i loro emendamenti. Ma sull’adozione del testo unificato non sono mancate tensioni fra Pd e Forza Italia sulla tabella B, l’allegato che contiene la ripartizione in collegi elettorali. Una divisione del territorio nazionale ricalcato sul Mattarellum (risalente al 1993) e contestato dalla maggioranza, che lo ritiene troppo vecchio e quindi non più conforme ai cambiamento avvenuti nel frattempo nella popolazione. Di qui la richiesta di una delega perché sia il governo a riscrivere le circoscrizioni elettorali. Fumo negli occhi per Forza Italia, che dell’esecutivo non fa parte. Anche perché una delega allungherebbe di molti i tempi per l’approvazione della riforma, mentre gli azzurri spingono per andare alle urne il prima possibile. Alla fine, benché minoritari nei numeri, la spuntano gli azzurri: il Pd, per salvare l’intesa Renzi-Berlusconi, accetta il compromesso e ottiene l’apertura dei forzisti alla possibilità di emendare la tabella in un secondo momento. “Questo è un punto di partenza, non di arrivo – ha chiarito il presidente della commissione, l’azzurro Francesco Paolo Sisto -. La delega sarà sempre uno strumento possibile, se il Parlamento non riuscirà nel compito”. Matteo Renzi torna a difendere l’accordo sulla legge elettorale. “Dopo anni in cui hanno fatto i tavoli di lavoro, le commissioni, i gruppi di studio e i comitati dei saggi, in un mese abbiamo stretto su 3 punti fondamentali che comportano un miliardo di euro di risparmio, con Berlusconi e anche con Alfano c’è un accordo vero. O si chiude o si perde l’ultimo treno”, ha spiegato il segretario del Pd che sferra l’attacco al premier Enrico Letta: “Spero si faccia una legge sul conflitto di interessi. Ma non credo – chiosa Renzi – che il premier usi questo pretesto per sabotare l’accordo”.
Nel frattempo, anche se al momento ognuno resta fermo sulle proprie posizioni, la novità di maggior rilievo è costituita dalle parole del ministro per i Rapporti col Parlamento Dario Franceschini, che definisce “un madornale elettorale” l’eventuale ritorno alle preferenze. Un’affermazione in netto contrasto col premier Enrico Letta, che aveva lasciato intendere di non gradire la presenza di liste bloccate. “Mi occupo di privatizzazioni – ha spiegato Letta -. Il governo non è operoso. Dico solo che bisogna superare le insidie sulla legge elettorale”. Il leader del Nuovo centrodestra alza il livello della trattativa annunciando emendamenti sulle preferenze e sullo scorporo dal voto di coalizione per quei partiti che non superassero lo sbarramento. “Non è possibile – secondo Alfano – che Berlusconi affermi di essere avanti nei sondaggi con i voti dell’intera coalizione, e al tempo stesso miri ad affossare quei partiti della coalizione che gli consentono di stare davanti”.