L’ultima fiducia al Senato, almeno nelle intenzioni di Matteo Renzi, arriva nella tarda serata: 169 sì e 139 no. Non certo un plebiscito: quattro voti in meno di quelli ottenuti da Enriuco Letta. Votano contro Forza Italia, Lega (tutti meno uno), M5S , Gal e Sel. “Ok il Senato, adesso la Camera”, scrive il presidente del Consiglio su twitter. “Poi si inizia a lavorare sul serio”, ancora a segnalare che per il premier la politica non è più, solo, nelle Aule. “Domani scuole, lavoratori, imprenditori, sindaci a Treviso”, conclude. “La replica migliore sarà trasformare i vostri suggerimenti in azioni concrete”, ha detto chiudendo il dibattito a Palazzo Madama, concedendosi una citazione di Sandro Pertini: “I giovani non hanno bisogno di premi, ma di esempi di coerenza, di onestà e di altruismo’. Le persone fuori di qua non hanno bisogno di discorsi. Hanno bisogno che finalmente si passi dalle parole ai fatti”.
Nel discorso di lunedì l’ex sindaco di Firenze chiarisce fin dall’inizio che le riforme costituzionali erano e rimangono per lui una priorità. A cominciare da quella che dovrà cambiare ruolo e composizione dell’assemblea a cui si rivolge. E per far capire che fa sul serio aggiunge subito che “nel momento nel quale stiamo vivendo o si ha il coraggio delle scelte o perdiamo il rapporto con chi sta a casa. Noi non abbiamo paura di andare alle elezioni – ha aggiunto -. Eravamo ad un bivio e una delle strade era andare alle elezioni. Noi non abbiamo paura di andare alle elezioni, ma il passaggio elettorale era un passaggio nel quale stante la legge elettorale si sarebbe riprodotto una schema che avrebbe riportato ad un governo di larghe intese”. Poi Renzi detta l’agenda serrata delle riforme. “Noi proponiamo – dice – che entro marzo la riforma del Senato parta dal Senato e la riforma del titolo V dalla Camera. Oggi il procedimento legislativo è farraginoso, il numero dei parlamentari eccessivo rispetto agli standard internazionali. C’e’ la possibilità di cambiare la configurazione del Senato. Questo è il primo passo per recuperare la credibilità dei cittadini. Quello successivo e’ superare il titolo V per come lo abbiamo conosciuto fino a oggi, per rivedere le competenze esclusive delle Regioni”.
Renzi ha poi toccato il tema della legge elettorale: “L’Italicum e’ pronto per essere discusso alla Camera – ha assicurato -. E’ una priorità ed e’ anche una prima parziale risposta all’esigenza di evitare che la politica perda ulteriormente la faccia”. Ma ha avuto parole chiare anche per Ius soli e diritti civili. “Lo sforzo – ha detto a questo proposito – non è affermare le proprio ragioni contro gli altri, ma trovare il punto di sintesi. Sui diritti si fa lo sforzo di ascoltarsi e di trovare un compromesso. Ci ascolteremo reciprocamente”. In tutto il suo discorso è apparsa evidente la voglia di trasmettere l’urgenza del momento storico per il Paese. “Noi vogliamo sfidare il Parlamento che non consideriamo un inutile orpello – ha detto -. Non abbiamo l’idea di dettare la linea ma fatevi carico insieme a noi, perché i tempi non sono più una variabile indipendente”. E ancora: “Ha un senso arrivare al 2018 solo se avvertiamo l’urgenza di un cambiamento radicale. Usciamo dal coro della lamentazione, immaginiamo un percorso concreto, diamoci delle scadenze e proviamo ad allungare il lavoro di questi anni. Questo consente di arrivare al semestre europeo avendo fatto i compiti a casa. Non possiamo immaginare che qualcun’altro risolva i nostri problemi, dobbiamo indicare una prospettiva di futuro, propongo a questo Senato di essere la legislatura di una svolta”.