Il semestre di presidenza italiana dell’Ue deve essere “l’occasione per realizzare un pacchetto riforme in un arco di tempo di mille giorni, dal 1 settembre al 28 maggio 2017. Un arco ampio su cui sfidiamo il Parlamento”. Presentando alla Camera le linee programmatiche del semestre europeo, Il presidente del Consiglio Matteo Renzi indica un nesso stretto tra l’orizzonte continentale e quello del nostro Paese. Le riforme andranno dalla macchina istituzionale al fisco, dai diritti all’agricoltura, dalla pubblica amministrazione al welfare. Insomma, ciò che serve “per migliorare il Paese”. Noi – assicura Renzi – “portiamo in Europa un’Italia forte e non per il risultato elettorale di qualcuno e non di altri, ma perché consapevole dei propri mezzi”. Quanto alle dinamiche più prettamente europee, “chi immagina che il gap di democraticità in Europa si colmi e si recuperi indicando Junker o un altro a fare il presidente della Commissione – avverte il premier – vive su Marte”.
Il presidente del Consiglio invita a un’ampia riflessione su quanto accaduto nel passaggio elettorale del 25 maggio scorso: “Un pezzo intero della comunità civile europea non è andato a votare; chi è andato spesso ha espresso un voto ostile al modo in cui l’idea europea è stata esplicitata in questi anni, lottando contro una politica economica che ha visto l’Europa perdere posizioni nel ranking mondiale; dove i partiti tradizionali hanno ottenuto un buon risultato hanno chiesto un deciso cambio di prospettive e direzione”. Da qui – continua Renzi – “deve partite la discussione sui nomi. Il vulnus nelle istituzioni europee si colma solo con la politica, non con un copia-incolla tecnocratico”. Il presidente del Consiglio esorta ad “alzare l’asticella dell’ambizione più che alzare la voce”. “L’Europa non può essere semplicemente il luogo nel quale si vive solo di codicilli”.
Renzi tiene a puntualizzare che in Europa “il rispetto regole per noi non è in discussione”. Il premier ricorda che nel 2003 furono Germania e Francia a chiedere di sforare i vincoli europei (il tetto del 3%). Grazie a quelle riforme la Germania riuscì – in tempi non sospetti – a mettere a segno un pacchetto di riforme che le consente di oggi di stare in piedi. “A differenza della Germania non chiediamo di violare il 3% ma come la Germania di allora vogliamo smettere di vivere l’elenco delle raccomandazioni come un elenco della spesa che ci capita tra capo e collo e trasforma l’Europa in una zia noiosa che spiega i compiti da fare”. Renzi avverte che o l’Europa si pone come prioritario l’obiettivo di combattere la disoccupazione giovanile o non c’è “nessuna stabilità possibile. La stabilità senza crescita diventa immobilismo: non stiamo violando regole, ci stiamo richiamando alle regole”. E “non basta la moneta unica per definire un orizzonte comune”. Infine, se di fronte alle dinamiche dell’immigrazione l’Europa dice “che questo problema non ci riguarda, tenetevi la vostra moneta ma lasciateci i nostri valori”, sbotta Renzi. “Non basta una moneta in comune, un presidente in comune. O accettiamo di avere valori in comune oppure, non perdiamo il ruolo dell’Italia in Europa ma l’Europa stessa”.