<Se vince il SI andremo in Europa con più forza a spiegar loro come fare su migranti, economia, e posti italiani a Bruxelles>. Uscendo dalla redazione de La Stampa – dove ieri mattina ha risposto in una videointervista alle domande di Massimo Gramellini e dei lettori – Matteo Renzi parla di quella che è per lui la sfida cruciale del referendum del 4 dicembre, e il suo messaggio di fondo: se vince il No, dice, torneranno tecnocrati alla Mario Monti che vessano i cittadini, alzano le tasse, e rimettono il segno meno davanti ai dati del Pil. Se vince il SI, secondo il premier, «l’Italia sarà più stabile e in grado di dettare condizioni all’Europa. Indicheremo una terza via, per rispolverare un’espressione clintoniana», e l’idea che espone in redazione è di sfuggire all’alternativa tra Trump e Angela Merkel, tra populisti e globalisti>. In Europa ritengono che Matteo Renzi sia ancora «la migliore opzione contro i populismi». Ma temono il suo «populismo dall’alto». Mettono in fila gli attacchi crescenti all’Europa durante la campagna referendaria. Registrano che i sondaggi confortano la retorica anti-Bruxelles. Si accorgono che nello stesso Pd l’irritazione contro la Commissione Ue e contro la Germania, in particolare, stanno lievitando. E si chiedono con apprensione se l’offensiva «elettorale» del premier nei confronti delle istituzioni continentali finirà dopo la consultazione sulle riforme, o continuerà. La vera domanda che rimbalza nelle cancellerie europee è questa, molto più della vittoria del SI o del NO.