Reddito di cittadinanza e Quota 100; prescrizione; concessioni autostradali; Alitalia e Ilva. Sono almeno cinque i terreni di scontro nella maggioranza in vista della ripresa dell’attività di governo. Che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, vorrebbe concentrare sull’Agenda 2020 per rilanciare l’azione del suo esecutivo e che invece dovrà dedicare, ancora, a comporre dissidi tra gli alleati. A cominciare dal vertice del 7 gennaio, ufficialmente convocato sul tema giustizia ma sul quale pesano gli altri fronti. Ieri ha tenuto banco, in particolare, la polemica sulle due misure simbolo del Conte I: reddito e Quota 100, appunto. Dopo le aperture del premier nella conferenza stampa di fine anno, in molti avevano pensato a una riforma. Ma ieri è stata la stessa presidenza del Consiglio a far sapere che «non è all’ordine del giorno alcuna revisione». Concetto ribadito poco dopo dal leader dei 5 Stelle, Luigi Di Maio: «Il reddito di cittadinanza e Quota 100 non si toccano». Un messaggio indirizzato soprattutto a Italia viva, che con la ministra Teresa Bellanova aveva chiesto l’abolizione di questi provvedimenti, e al Pd, che con il capogruppo al Senato Andrea Marcucci ricorda: «Quota 100 scade comunque nel 2021, il reddito sta andando peggio delle peggiori previsioni. Possono non essere in agenda revisioni immediate, ma è tempo di iniziare a valutare». Ma è sulla prescrizione che i toni si inaspriscono con l’avvicinarsi del vertice del 7 gennaio. Ettore Rosato, presidente del partito creato da Matteo Renzi, avverte che sulla riforma Bonafede (che ferma la prescrizione dopo il primo grado di giudizio) «il governo rischia grosso». Il provvedimento, aggiunge, «va semplicemente abrogato. Se non accadrà, voteremo con Forza Italia» la proposta Costa (responsabile Giustizia di FI) che appunto cancella la legge Bonafede e sulla quale si tornerà a discutere in commissione Giustizia alla Camera l’8 gennaio (termine per la presentazione degli emendamenti). Reagiscono duramente i 5 Stelle, che parlano di «ricatto». Intanto, intervistato dalla Stampa Renzi anticipa la sua versione della verifica che dovrebbe rilanciare il governo Conte. Con una significativa premessa: «Che il reddito di cittadinanza sia un sussidio che non funziona, lo dice la Guardia di Finanza, ma oramai lo stanno capendo tutti…». «Penso – continua Renzi – che l’Italia meriti stabilità. Una situazione di governo tranquilla sarebbe ideale per tutti, anche perché più siamo stabili, più possiamo cogliere la felice opportunità del calo del costo degli interessi sul debito. Quando sono arrivato a Palazzo Chigi spendevamo 77 miliardi di euro all’anno, nel 2020 saranno 59 miliardi. Tutto merito del lavoro della Bce e delle nostre riforme. Più c’è stabilità, meno costa il debito. Ma dobbiamo riconoscere che stabilità non può voler dire tirare a campare. I populisti dovevano far sparire la povertà, hanno fatto sparire solo la crescita. La vera scommessa del governo è proprio questa: è urgente fare un decreto crescita perché l’Italia è ferma».