Si è poveri perché nascita e ambiente non hanno fornito la possibilità di conquistare un reddito stabile e dignitoso. Perché si è fatto fronte agli imprevisti alle curve della vita senza fortuna, senza appoggi, senza il riequilibrio di un’assistenza ben diretta e programmata, la famiglia, la comunità, lo stato. Perché la mobilità sociale è bloccata da mille impacci, e da qualche privilegio o prepotenza che toglie senza dare. In molti casi la povertà è l’effetto di una decadenza, di un fallimento, di una mancanza di energia e di tenacia. In qualche caso si è poveri per vocazione. Sono poveri gli stranieri, i senza patria, le vittime in fuga da catastrofi civili e naturali, i profughi. Altro che “fine della povertà”, però: il reddito di cittadinanza, con le ulteriori limature che saranno rese necessarie dall’accordo in sede Ue della settimana scorsa, rischia di ridursi a ben poca cosa. Anzi, beffa e paradosso, di essere molto più vicino, fino a corrispondergli esattamente, agli 80 euro, la vituperata “mancetta” elargita dal governo Renzi, che ai 780 favoleggiati da Luigi Di Maio, che salgono a poco più di 100 se anziché 6 milioni consideriamo, come sembra evincersi dalle ultime dichiarazioni del governo, solo 5 milioni di beneficiari».