Politica interna
Referendum-Mattarella: “Tutte le istituzioni sono chiamate ad aver cura della Repubblica, coltivando naturalmente gli spazi del libero confronto e della competizione tra intenti diversi, ma comunque avendo sempre a mente il bene comune. La democrazia e il Paese saranno più forti, non più deboli, se chi rappresenta ai vari livelli e ruoli la volontà popolare sa riconoscere l’interesse generale”. Dal palco dell’assemblea dell’Anci a Bari, il presidente della Repubblica parla per la prima volta del referendum sulle riforme costituzionali, e lo fa in “puro stile Mattarella”, calibrando le parole per non interferire nella campagna elettorale, nelle dinamiche interne dei partiti, nella rincorsa ad almanaccare il destino di Matteo Renzi in caso di sconfitta. Il presidente richiama tutti gli attori al reciproco rispetto, li esorta ad abbassare i toni e a riconoscere “l’interesse comune” che è la Costituzione stessa “così come sarà sancita dalla volontà del popolo sovrano”. “Ognuno dirà la sua sul merito della riforma e si batterà per ciò che riterrà più opportuno, in un confronto tanto più efficace quanto più composto”, tuttavia per Mattarella è fondamentale che l’intero Paese si avvini all’appuntamento del 4 dicembre (e al “suo” risultato finale) con il “contributo sereno e vicendevolmente rispettoso di tutti”. A partire dal rispetto delle libere scelte degli italiani.
D’Alema: Le due minoranze Pd vanno alla guerra. Una, con Gianni Cuperlo, va “a vedere le carte” partecipando alla commissione per la revisione dell’Italicum guidata da Lorenzo Guerini. L’altra, con Massimo D’Alema, si mette alla guida del fronte del “No” organizzando una riunione a Roma che poco entra nel merito della riforma limitandosi a definirla una “minaccia per la democrazia” e parlando di “clima intimidatorio”. La riunione, organizzata da Magna Carta e dalla fondazione Italiani-europei, è particolarmente composita, con reduci di diversissimi orientamenti politici, da D’Alema a Quagliariello, passando per Fini, Cirino Pomicino, Salvi, Fedriga, Civati, Gasparri, Brunetta, Dini e Ingroia. Una sorta di “partito della Nazione” rovesciato dove i componenti depongono antiche contrapposizioni per fare fronte contro la riforma costituzionale e proporre un semplice taglio di deputati e senatori, senza alcuna riforma del bicameralismo paritario e del titolo V.
Politica estera
Russia-Usa: Nel giorno in cui i militari effettuano tre test di missili intercontinentali, Vladimir Putin afferma che la Russia non vuole alcun confronto con l’Occidente, ma accusa la Francia di essere asservita agli americani e di voler “montare un’isteria anti-russa”. Il presidente ha anche respinto l’accusa che il suo Paese sia dietro gli hacker che hanno violato i server di vari esponenti del campo democratico negli Usa, e si detto preoccupato per il peggioramento delle relazioni con Washington: “Il dialogo con gli Usa praticamente non c’è”, ma “questa non è stata una nostra scelta, noi non lo abbiamo mai voluto”. Putin ha anche sostenuto che la Russia non c’entra con il bombardamento del convoglio umanitario colpito in Siria: “È stato attaccato da una delle organizzazioni terroristiche e noi sappiamo che gli Stati Uniti lo sanno ma preferiscono lanciare accuse infondate alla Russia”. Sul clima di grande tensione che si respira in queste ore è intervenuto anche il ministro della Difesa Sergej Shojgu, il quale ha affermato che le numerose manovre eseguite dai militari “non sono segnali contro nessuno né tantomeno minacce”. Ma non c’è dubbio che la tensione esista e che venga vissuta con preoccupazione da entrambe le parti.
Renzi-Europa: Chiamato a riferire alla Camera in vista del Consiglio europeo del 20-21 ottobre prossimi, dedicato a Russia, Siria e Medio Oriente, il capo del governo Matteo Renzi denuncia lo stallo in cui versa l’Europa di fonte alla crisi dei migranti, alla minaccia del terrorismo e alla sfida della Brexit. Secondo il premier l’Europa ha reagito alle varie sfide con un “frenetico immobilismo”, il quale ha portato “a poco più che a niente”. Analisi su cui si trova d’accordo anche il presidente dell’Europarlamento Martin Schulz: “Condivido l’idea di Matteo sulla sensazione che ci sia una sorta di stagnazione in Europa. Ha ragione, non c’è progresso, e noi abbiamo bisogno di progressi in tutti i campi”. Al centro dell’attenzione rimane il tema dei migranti, con Renzi che lancia un messaggio chiaro ai Paesi dell’Est: deve essere il nostro Paese a promuovere “una posizione durissima” contro i Paesi “che hanno ricevuto molti denari dalla comune appartenenza e in questa fase si stanno smarcando dai propri impegni sulla ricollocazione dei migranti”.
Economia e Finanza
Def: Il Parlamento chiede al governo di alzare il deficit messo in programma per il prossimo anno anche prima di ottenere il via libera dall’Europa. Gli “spazi aggiuntivi” autorizzati da Camera e Senato valgono lo 0,4% del Pil, e permetterebbero quindi di portare il deficit programmatico al 2,4%, ma il tiro alla fune sui decimali potrebbe fermarsi intorno al 2,2% e mettere d’accordo anche l’Ufficio parlamentare di bilancio. Secondo le previsioni, anche la partita europea potrebbe chiudersi attorno al 2,2-2,3%. La mossa del cavallo sul deficit è stata fatta da Camera e Senato con il via libera votato ieri alle risoluzioni sulla nota di aggiornamento al Def e sulla richiesta del governo di essere autorizzato a chiedere in Europa i sette miliardi di disavanzo aggiuntivo per affrontare le “circostanze eccezionali” prodotte dal terremoto di agosto e dal fenomeno migranti. Il passaggio parlamentare di ieri è l’ultimo atto preliminare in vista della manovra, che vedrà il governo approvare sabato la legge di Bilancio 2017 e inviare lunedì a Bruxelles il documento programmatico di bilancio.
Pensioni: Il primo maggio 2017 scatterà il nuovo meccanismo per l’anticipo pensionistico denominato Ape, che, nel caso di uscita volontaria, garantirà una detrazione fiscale in quota fissa del 50% sulla componente di costo per interessi del prestito-ponte bancario assicurato rimborsabile in vent’anni. In media l’onere per l’Ape volontaria oscillerà tra il 4,6 e il 4,7% per ogni anno di anticipo, tenendo conto che si potrà arrivare a un massimo di tre anni e sette mesi. Resta da sciogliere un unico nodo: quello delle platee dei lavoratori impegnati in attività “gravose” che verranno ammesse all’Ape social, dalla cui definizione dipenderà anche la dimensione dell’impegno finanziario dello Stato. Per il pacchetto previdenza nel suo complesso il governo metterà a disposizione una dote di 6 miliardi in tre anni, come annunciato nelle scorse settimane dal sottosegretario alla Presidenza Tommaso Nannicini e dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti.