La conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri che ha varato per decreto reddito di cittadinanza e Quota 100 si trasforma in una celebrazione in cui Di Maio e Salvini fanno a gara nei toni trionfalistici, sotto la supervisione del sobrio premier. Che comunque ci tiene a puntualizzare: «Dicevano che eravamo spacciati per la procedura di infrazione e invece…». «In sette mesi siamo passati dalle parole ai fatti, più di così era impossibile fare, dedico questa giornata a Monti e Fornero», attacca il leghista. «Le coperture c’erano, questa è una giornata storica, fondiamo un nuovo welfare state, aiuteremo a sfamare persone per anni ignorate dai governi», gli fa eco Di Maio. Ancora Salvini: «Con queste due misure più la flat tax e la pace fiscale daremo un vantaggio o un aiuto a dieci milioni di italiani». «Il reddito non è una misura di assistenzialismo, ma un grande investimento nel capitale umano, il 50% andrà al Centro- Nord», mette subito in chiaro Di Maio. Quando arriverà in tasca? «In aprile». A febbraio sarà pronto il sito, a marzo si potranno inoltrare le domande. Dopo un mese dal primo assegno «si verrà contattati dai navigator , circa 10mila persone che verranno assunte tra Regioni e Anpal. «Sono certo dei tempi, ci sono già gli accordi con Inps, Poste e gli altri enti coinvolti», assicura il ministro del Lavoro. «Sette mesi entusiasmanti, ci aspettano altri dieci anni di lavoro», sorride Salvini. «Ti stai già prenotando per la prossima legislatura?», ironizza Conte. Al leghista tocca lo spiegone sulla riforma della legge Fornero, suo cavallo di battaglia. A partire dai «30 mila euro cash» di Tfr per i pensionandi del pubblico. «In tre anni potranno andare in pensione un milione di persone», dice Salvini. «Si apre un’autostrada per nuovi posti di lavoro, forse quel milione di cui qualcuno aveva parlato…». Per Massimo Franco, sulle colonne del Corriere della Sera potere offrire all’elettorato due provvedimenti-simbolo a pochi mesi dal voto europeo di maggio significa vivere di rendita rispetto a opposizioni o silenti, o aggressive ma frastornate. Il Parlamento potrà modificare alcune norme, e rimane l’incognita di una stagnazione economica che potrebbe trasformarsi in recessione. Ma intanto, la maggioranza che si dichiara populista può ostentare un primo successo. L’immagine del Giuseppe Conte affiancato dai vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ieri sera trasmetteva un segnale chiaro. Il primo è che la diarchia a Palazzo Chigi oggi è diventata triarchia: Conte non appare più solo un «esecutore» ma il mediatore. Il secondo è che a intestarsi la manovra è un governo politico, che cancella dalla scena il ministro tecnico dell’Economia, Giovanni Tria. Massimo Giannini scrive su Repubblica che quello che difetta in questo decretone non è la quantità ma la qualità. Non la dimensione ma la visione. Quota 100, checché ne dica Salvini, non disegna affatto “un’idea di Italia dei prossimi trent’anni”. Al contrario, ha l’aria di una misura fatta nello stesso spirito col quale il governo Rumor nel 1973 varò le famigerate pensioni baby con un decreto natalizio. Una pseudo-riforma che che non ci possiamo permettere, che infatti dura solo tre anni e ha tanti di quei paletti che fanno pensare a una sottintesa intenzione del governo di disincentivarne il ricorso.