Vincenzo Musacchio*
Era il 21 luglio del 2001 quando la polizia irrompeva con forza nella scuola Diaz durante il G8 di Genova. Quell’azione e gli atti compiuti all’interno dell’edificio integrarono atti di tortura. Questo sentenzia la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che ha condannato l’Italia, sia per quanto commesso nei confronti di uno dei manifestanti, sia perché è uno dei pochissimi Stati membri che vergognosamente ancora non ha una legislazione idonea a punire il delitto di tortura. E’ stato violato l’articolo 3 della Convenzione: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.
Dopo il G8 di Genova, il Parlamento discusse dell’introduzione del delitto di tortura, ma per le forti resistenze non se ne fece nulla. Le persone colpevoli di quanto è accaduto avrebbero dovuto essere punite adeguatamente, ma anche questo non è mai accaduto proprio perché le leggi italiane non prevedono la punibilità per questa tipologia di reati. Avrebbero dovuto essere sanzionati o puniti anche coloro che diedero gli ordini, dai vertici ministeriali ai dirigenti, ma anche loro furono esenti da conseguenze sanzionatorie. Voglio sottolineare che la polizia resta pur sempre presidio di democrazia ma solo nel rispetto pieno delle regole democratiche e civili e gli atti compiuti alla Diaz fanno dell’Italia una democrazia ancora troppo immatura e a tratti anacronistica. L’auspicio è che questa sentenza velocizzi la discussione parlamentare e ci porti ad una legge in materia in piena coerenza e conformità con il testo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
*Presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sulla Corruzione in Roma
Direttore Scientifico della Scuola della Legalità “Don Peppe Diana”