Centocinquanta studenti scelgono Catania per l’Erasmus, il progetto che permette a studenti da tutto il mondo di poter studiare in altri Paesi. Ecco che in Sicilia arrivano da ogni dove, lingue e culture diferse si incontrano e inizia un percorso indimenticabile per la vita di questi giovani laureandi. Il prof. Andrea Rapisarda, Responsabile per l’Ateneo catanese dell’Erasmus, ci racconta questa bellissima esperienza.
Professor Rapisarda, 150 studenti stranieri stranieri hanno scelto l’Ateneo siciliano: ci racconta questo progetto e su cosa si baserà il piano di studi?
“Questa è una domanda in effetti a cui è molto difficile rispondere. Ogni studente ha la sua storia personale e noi come ufficio relazioni internazionali non seguiamo il piano di studio di ogni singolo studente, che d’altra parte viene concordato con la sua università di partenza. La nostra offerta formativa è online e lo studente sceglie in base ai propri interessi, seguendo i consigli dei professori del corso di laurea di provenienza. Analogamente fanno i nostri studenti che vanno a studiare all’estero su consiglio dei nostri docenti di riferimento. Le posso però dire le principali aree disciplinari di provenienza e da quali paesi provengono. La maggior parte dei ragazzi che sono arrivati ieri viene da Spagna e Turchia e appartengono per il 50 % alle aree umanistiche, quindi lingue e letteratura. Molti vengono anche per studiare giurisprudenza o scienze politiche, ma tanti anche per gli insegnamenti tecnico-scientifici. I paesi di provenienza quest’anno sono 18 per il primo semestre e a parte i principali paesi europei vi sono anche studenti dell’America Latina (Cile e Argentina), degli Stati Uniti, e perfino dell’Asia (Vietnam)”.
Gli studenti stranieri hanno difficoltà ad adattarsi o no?
“Non credo affatto. Molti di loro hanno già fatto esperienze simili e tornano in Italia molto volentieri. C’è chi è già stato al nord e vuole conoscere il sud Italia. Tutti hanno una minima conoscenza dell’italiano, molti lo parlano bene. Molti vengono su consiglio di amici che sono già stati a Catania e di cui hanno sentito parlare molto bene.In generale poi sono molto seguiti dai nostri docenti e dalle organizzazioni studentesche che si occupano di loro non solo per i problemi che possono avere in ateneo, ma anche per attività ricreative extra, tese a favorire il loro inserimento fra gli altri studenti catanesi”.
Cervelli che “arrivano” cervelli che partono: come fermare la “piena” di laureati che vanno via?
“Io non sono così pessimista. La mobilità è una cosa molto positiva. Noi non mandiamo i nostri cervelli in fuga. Stanno fuori dai 3 mesi ad un anno e poi rientrano. Noi li incentiviamo a fare questa esperienza che è di per se molto formativa, sia dal punto di vista degli studi che per la loro carriera dopo l’università. Studiare all’estero apre la mente, allarga gli orizzonti. Certo c’è il pericolo che dopo la laurea i ragazzi “fuggano” all’estero, ma anche in questo caso è un pericolo che bisogna correre. Oggi il mondo del lavoro non è limitato al proprio territorio e noi dobbiamo preparare i nostri ragazzi ad affrontare il mercato globale. D’altra parte, e lo so per esperienza personale avendo io stesso trascorso da giovane qualche anno all’estero, è proprio la lontananza dal proprio paese che ci fa apprezzare quanto c’è di buono ancora in Italia e rinforza la voglia di tornare, col proprio bagaglio di esperienze, per migliorare il nostro paese. Se fosse possibile, io sarei per rendere obbligatoria l’esperienza di passare un minimo di tre mesi all’estero durante il proprio periodo di studi. E’ la maniera migliore per costruire dal basso una Europa coesa e multiculturale, superando facilmente pregiudizi ed incomprensioni che nascono solo dall’ignoranza delle altre culture. Purtroppo su quasi 50000 studenti iscritti a Catania, il flusso di studenti in entrata ed in uscita dal nostro ateneo, per quanto abbastanza bilanciato, si attesta intorno alle 250 unità. Certo siamo lontani dai numeri delle università di Padova e Bologna che riescono a mandare e ricevere un flusso di circa 1500 studenti all’anno. Ma c’è da dire che studiare fuori comporta comunque delle spese e le borse di studio non riescono a coprire il 100% dei costi e poi le borse non bastano per tutti . Questo è uno dei motivi per cui, un 50 % degli studenti selezionati per partire, alla fine non riesce ad avere la borsa di studio e rinuncia”.
Sono stati tagliati i fondi all’Erasmus: brutto segno?
“Non credo che siano stati tagliati fondi al progetto Erasmus. Almeno non ci sono notizie ufficiali su questo, solo rumors pubblicati nei giorni scorsi da varie testate giornalistiche. Quello che invece è certo è che il nuovo progetto Erasmus Plus, partito lo scorso anno e che sarà operativo fino al 2020, ha ricevuto un cospicuo finanziamento di 14.7 miliardi di euro, molto maggiore che nel passato. La Commissione Europea riconosce il valore del progetto Erasmus che ha avuto un grande successo negli ultimi 20 anni”.
Secondo Lei quali sono i cambiamenti da apportare alla nostra Università e perché studiare all’estero a volte è vantaggioso?
“Quello che andrebbe fatto è incentivare ulteriormente i nostri studenti a fare una esperienza di studio all’estero, dando ulteriori risorse per superare il problema del numero limitato di borse di studio. Come dicevo prima, studiare in un ateneo estero, significa confrontarsi con altre realtà, è un momento di crescita fondamentale e che va fatto in giovane età, quando si è studenti. I risultati sono tangibili, non solo ai fini di una migliore crescita culturale personale, ma anche ai fini di una carriera post-laurea di successo. E’ di qualche giorno fa la notizia della pubblicazione di uno studio recente della Commissione Europea sugli studenti Erasmus, da cui, fra le altre cose, si evince in maniera inequivocabile che, chi ha studiato all’estero ha molta più facilità nel trovare poi lavoro. Il tasso di disoccupazione dopo la laurea, e questi sono dati molto interessanti, scende del 50% fra chi ha fatto una esperienza all’estero durante il proprio corso di studi. Le imprese preferiscono gli studenti Erasmus: sono più svegli, sanno cavarsela bene in situazioni difficili, riescono ad adattarsi con più facilità e conoscono bene le lingue. Quindi studiare fuori ha davvero tanti vantaggi, ed è una esperienza che consiglio a tutti”.