Chiamiamoli pure i “riservisti” della Chiesa cattolica. Sono circa cinquemila sacerdoti “in panchina” perché si sono sposati, ma restano comunque all’interno di Mamma Chiesa, solo senza potersi più esibire all’altare. L’ultimo caso arriva da Ischia, dove un prete di 58 anni ha perso la testa per una devotissima parrocchiana 41enne, madre di due figli e, ahimè, già sposata.

Boccaccio potrebbe prenderne spunto
Pare che la scintilla sia scoccata proprio in parrocchia, con lei impegnata nelle attività religiose e lui concentratissimo a… be’, a fare il prete. A scoprire tutto è stato il marito di lei, che ha svelato al mondo l’inatteso “colpo di fulmine”. L’idillio, ovviamente, ha scombussolato la comunità di Barano, che ora si chiede: ma è davvero giusto che un prete innamorato non possa più dir messa?

Celibato: questione antica, discussioni moderne
Il grande protagonista di questa vicenda è, infatti, il celibato dei sacerdoti, che non è un dogma di fede ma una “regola di vita” stabilita dalla Chiesa. Papa Francesco ha più volte ricordato che in alcune Chiese cattoliche di rito orientale i preti sposati già esistono. E non è mancato il celebre monito di Paolo VI: “Meglio dare la vita che ritoccare il celibato”. Insomma, tra aperture e porte sbarrate, il dibattito va avanti.

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I sacerdoti diocesani in Italia nel
2019 (ultimo dato disponibile). Un
dato in netto calo rispetto al 1990,
quando i preti erano 38mila. Il crollo in
meno di vent’anni è pari al 16 per
cento a livello nazionale. E l’età dei
sacerdoti è sempre più alta di decennio in decennio

Sposati ma (forse) pronti al rientro
Nel frattempo, c’è un esercito di sacerdoti che, pur con la fede al dito (letteralmente), non ha mai rinunciato alla vocazione. Alcuni, rimasti vedovi, sono persino tornati a celebrare. Da qui l’appello del Movimento Sacerdoti Sposati: “Mettiamoli a servizio delle parrocchie, dove mancano i preti!”. Perché, in effetti, le “vacanze in organico” non mancano: se nel 1990 i sacerdoti diocesani erano 38mila, nel 2019 siamo scesi a 32mila.

La “cura” anti-spopolamento?
I “don-tengo-famiglia” (più o meno letteralmente) potrebbero rivelarsi una risorsa: potrebbero rientrare in gioco e dire messa nei luoghi dove mancano i preti, o dare una mano nei servizi diocesani. Ma per ora la regola del celibato rimane ben salda. E se in qualche sacrestia ci si interroga su come rimediare ai buchi di organico, la gerarchia ecclesiastica, almeno finora, non sembra avere fretta di rivoluzionare una tradizione quasi bimillenaria.

Morale della favola?
C’è chi dice che l’amore trionfa sempre, c’è chi pensa che la Chiesa dovrebbe modernizzarsi, e c’è chi, semplicemente, si gode la telenovela. Nel frattempo, il nostro don di Ischia, per poter vivere il suo “happy end”, ha perso parrocchia e incarichi. Chissà se un giorno potrà tornare a vestire i paramenti: a volte, anche nella Chiesa, i miracoli accadono.