Le aziende pubbliche in Italia sono circa 7.500, quelle partecipate dagli enti locali sono 5.258, alle quali vanno aggiunto 2.214 organismi come consorzi e fondazioni. Costano al contribuente più di una manovra finanziaria e per questo Renzi vorrebbe ridurre da 8000 a 1000 quelle partecipate dallo stato. I pagamenti a qualsiasi titolo erogati dai Ministeri nei confronti delle società partecipate dallo Stato ammontano a 84 miliardi. 26 miliardi di euro nel 2013, altrettanti nel 2012 e oltre 30 miliardi nel 2011. E non basta. Un terzo degli enti partecipati dagli enti locali (Regioni, Province e Comuni) è in perdita.
Quante sono le aziende pubbliche? In tutto circa 7.500, di cui solo 50 partecipate direttamente dallo Stato (le quali a loro volta controllano 526 aziende di “secondo livello”), mentre quelle partecipate dagli enti locali sono 5.258, alle quali vanno aggiunti 2.214 organismi di varia natura, come i consorzi e le fondazioni.
Ora la vicenda che vede opposti a Napoli il commercialista ed ex difensore civico del Comune Giuseppe Pedersoli e la società Napoli Servizi è, sul piano economico, parvità di materia rispetto alla voragine di una Repubblica – quella italiana – fondata sullo spreco. Nondimeno è molto significativa di come si conduce un’azienda coi soldi degli altri invece che coi propri.
Vaniamo ai fatti. Pedersoli deve essere risarcito dalla Napoli Servizi, società che si occupa di servizi ambientali e gestisce il patrimonio del Comune di Napoli, con oltre 50.000 euro. Perché? Il giudice civile ha stabilito che fu rimosso ingiustamente dall’incarico di presidente dell’organismo. Ma la Napoli Servizi, condannata anche al pagamento di metà delle spese legali, si ostina a non pagare: preferisce attendere i pignoramenti. Una scelta poco oculata, perché si traduce in un danno ben maggiore di 50 mila euro per le casse della partecipata. “I miei guai con Napoli Servizi – spiega Pedersoli – sono iniziati quando evidenziai alcune omissioni del consiglio di amministrazioni e chiesi chiarimenti, dopo lo scandalo dei maxi stipendi, quali fossero stati i criteri di assunzione in Napoli Servizi. Da quel momento la situazione precipitò. E io fui rimosso”.
Fin qui la vicenda che riguarda il professionista costretto, dopo tre anni di silenzio, al
affidarsi alla giustizia. Ma a questo entra in campo la scelta esecrabile della Napoli Servizi di non dar seguito a quanto stabilito dal giudice della XII sezione civile del tribunale di Napoli, Rosa Romano Cesareo. Si preferisce attendere il pignoramento dei conti correnti e dei crediti presso terzi per attendere, evidentemente, il giudizio di appello. Anche se i magistrati hanno rigettato l’istanza di sospensiva, intimando in sostanza che, in attesa dell’appello, Pedersoli va pagato.
Morale della favola. A nessuno interessa che l’importo da risarcire aumenterà per interessi e ulteriori spese legali. Nessuno si premura di mettere un argine a una storia che, se mai avesse riguardato i portafogli dei protagonisti, avrebbe avuto sicuramente da tempo uno stop. In questo caso le risorse sono pubbliche e chi vivrà vedrà.
A dirla tutta e fuori verbale, Dario Scalella aveva segnalato una presunta falsificazione dei libri sociali da parte dell’ex difensore civico. Il sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Napoli, Ida Frongillo, ha disposto l’archiviazione del procedimento contro Pedersoli. Scalella e Saturnino andranno a processo, e il commercialista defenestrato è stato ampiamente prosciolto da qualsiasi accusa.
Insomma il tempo passa. La sabbia nella clessidra continua a scendere, ora dopo ora, giorno dopo giorno. A pagare è sempre Pantalone. Cioè lo sventurato contribuente.