di Alessandro Corti –
Se non meritavano la nostra fiducia prima, quando bocciavano Bot e Btp portandoli quasi al livello “Junk”, “titoli spazzatura”, perché dovremmo fidarci ora che ci regalano una mezza promozione, annunciando la ripresa prossima ventura? Strana storia questa delle agenzie di rating. Non sono state in grado né di valutare l’esatta portata della montagna di titoli tossici in giro per il mondo, né di prevedere l’arrivo della recessione. In compenso, sono state rapidissime a far crollare i rating dei principali paesi europei, una volta scoppiata la più grande crisi dal dopoguerra ad oggi. Ma ora che Fitch promuove da negativo a stabile il nostro rating (pur conservando la tripla B, uno dei livelli più bassi in termini di affidabilità), perché dovremmo nutrire maggiore fiducia nelle sue capacità di fare previsioni attendibili?
E’ vero che l’Italia, nell’ultimo trimestre del 2013, ha tecnicamente interrotto la fase della recessione: dopo un lungo periodo di segni negativi, il Pil è tornato a crescere. Ma si tratta solo di un decimale, lo 0,1% per l’esattezza. Quest’anno l’economia, se tutto andrà bene, farà segnare un incremento dello 0,8%. Di questo passo serviranno almeno 20 anni per tornare ai livelli pre-crisi.
Ma c’è di più. Il tasso di disoccupazione è schizzato al 13%, oltre un milione di famiglie tira avanti senza avere a disposizione alcun reddito, c’è un’intera generazione che rischia di saltare a piè pari l’appuntamento con il mercato del lavoro. Un giorno sì e l’altro pure decine di aziende sono costrette a chiudere i battenti. I consumi stagnano e dietro l’angolo c’è lo spettro della deflazione. E allora, come si spiega la promozione di Fitch? Premesso che nessuno pensa che si tratti di un regalo (elettorale) fatto a Renzi, i dubbi non mancano. Certo, il verdetto delle agenzie di rating riflette in buona parte l’andamento dello spread dei nostri titoli pubblici con quelli tedeschi, arrivato ormai al minimo storico. Ma anche in questo caso c’è da registrare che i bonos spagnoli battono ancora i Btp.
E allora? La verità è che le agenzie di rating continuano ad essere più affascinate dall’economia di carta della grande finanza che da quella reale, fatta da aziende, famiglie e persone in carne e ossa. E’ successo nel 2008, quando promuovevano a pieni voti i mutui subprime. E succede ora che si comincia a intravedere una flebile luce in fondo al tunnel della recessione. Per questo, forse, non occorre dare tanto credito a queste valutazioni. Non perché non siano corrette dal punto di vista finanziario. Ma solo perché rispecchiano sempre meno la vita di tutti i giorni. Nel mondo reale, come diceva Eduardo De Filippo, gli esami non finiscono mai. Non c’è rating che tenga: se il lavoro manca, neanche una buona pagella degli esperti di Fitch può crearlo.
fonte: L’Arena