Nella fine della Banca Popolare di Bari, nelle ore del suo cornmissariamento, l’epitaffio ne racconta le ragioni. Il suo padre padrone, Marco Jacobini, che svuota la cassa – 5 milioni e 556 mila euro – mentre il parco buoi dei correntisti vive l’ora più difficile. Quella di chi, in quel momento, teme che alla riapertura degli sportelli non potrà ritirare i propri depositi. Si, 5 milioni 556 mila euro, svuotati, tra giovedì 12 e venerdì 13 dicembre, dal libretto di deposito che Marco Jacobini aveva presso la sede centrale della Popolare e dirottati a sei diversi destinatari – quattro persone fisiche e due società – attraverso la Banca Sella. Un’operazione che non poteva passare inosservata all’interno della Banca e che è così diventata una “segnalazione di operazione sospetta” per riciclaggio su cui ora stanno lavorando la Banca d’Italia, la Guardia di Finanza e la Procura. Sono stati giorni importanti e difficili per la Banca d’Italia e il suo Governatore. Sono state contestate l’efficacia e la tempestività della vigilanza della Banca d’Italia, il suo ruolo nella vicenda che portò la Popolare di Bari ad acquisire una banca in dissesto come Tercas. Con la politica di governo e d’opposizione pronte ad allontanare da sé ogni responsabilità e a sottolineare quelle di altri. Così il Governatore Visco: «Ci sono molte dichiarazioni e andrebbero valutate una per una. Intanto bisogna esaminare individualmente le due attività: quella di vigilanza e quella di gestione e risoluzione delle crisi, che sono cose diverse. La vigilanza sulle banche ha svolto il suo compito, con il massimo impegno e io reputo positivamente. La scelta di porre in amministrazione straordinaria questa banca è il risultato, come sempre in questi casi, di un’attenta analisi, è un atto possibile in termini di legge solo dopo aver rilevato gravi perdite o carenze nei sistemi di governo societario».