Si augura di avere ragione in appello l’azionista pugliese che negli anni e in più riprese e si era lasciato convincere a trasformare in azioni il suo tesoretto di 350mila euro. In primo grado il giudice ha negato l’indennizzo condannandolo anche a pagare 18mila euro di spese giudiziali. Uno scenario da brivido per i 70.000 azionisti e quanti tra loro si preparano a dare battaglia in tribunale. Secondo la Consob i 442 milioni di capitale sarebbe già andati in fumo e il buco lasciato dalla Popolare potrebbe avvicinarsi ai 2 miliardi.

Ma il processo si è chiuso prima che la banca d’Italia intervenisse per commissariare la Popolare di Bari e che il governo varasse il decreto legge per il suo salvataggio. Ora è la stessa Banca d’Italia ipotizzare Il ristoro degli azionisti in caso di comportamenti scorretti nel collocare le azioni presso i risparmiatori. Comportamenti che però andranno dimostrati caso per caso.

Nel collocare le azioni le banche Infatti sono tenute a verificare che il cliente sia competente, che comprenda i rischi e le conseguenze dei titoli che acquista e di come il loro valore possa mutare nel tempo.

Nel caso esaminato dal giudici non c’era alcuna profilatura del rischio da parte del cliente che, secondo il la difesa, aveva rifiutato di fornire informazioni sulla sua situazione finanziaria per cui la banca non poteva assolutamente sollecitare alcuna forma di investimento.

L’arbitro per le controversie finanziarie della Consob ha adottato 134 decisioni a favore dei clienti della Popolare di Bari. Ma la via giudiziaria sembra un terreno semplice per i tanti che oggi si sono dati appuntamento a Bari, convocati dal Codacons.