di Ornella Trotta
Presidente Pittella, da leader europeo ha il polso della situazione globale: prima la Brexit, poi l’elezione di Trump, quindi l’elezione di Tajani alla presidenza del Parlamento Europeo e ancora il riuso di un vecchio lessico che pensavamo morto e sepolto per sempre. Che cosa sta accadendo nel mondo?
“Ciò che è avvenuto nel mondo e che continua ad avvenire non può non far riflettere e non può non determinare una autocritica e un cambio nella strategia della famiglia socialista e progressista mondiale. Si è insediato Trump e la sua presidenza si connoterà per l’isolazionismo geopolitico e il protezionismo commerciale. L’altro ieri nel Regno Unito ha vinto la Brexit spinta dalla paura verso gli immigrati e il desiderio di auto isolamento”.
Sembra il momento degli euroscettici, si registra una congiuntura non felice per chi crede nei valori del socialismo europeo?
“In questi anni è cresciuto in Europa un fronte variegato di scetticismo che si è progressivamente trasformato in un vero e proprio attacco alla Unione Europea, ai suoi principi, ai suoi valori.
Questo movimento si nutre del sentimento di paura verso migranti e rifugiati, di venature di odio e di xenofobia, ma anche della delusione e della sofferenza di chi è stato lasciato indietro dalla globalizzazione”.
La globalizzazione ha acuito le differenze sociali e ha messo a nudo le fragilità del progetto socialista?
“Anche a sinistra, nel campo socialista e progressista abbiamo avuto letture parziali e superficiali della globalizzazione: é risultato che non è vero che il pensiero unico liberaldemocratico sia pensiero universale, non è vero che la globalizzazione crea solo diritti, non è vero che il libero mercato è governato da una mano invisibile in grado di orientarlo per garantire insieme alla crescita la coesione sociale, non è vero che la deregulation e le privatizzazioni portano ad una giusta redistribuzione della ricchezza e delle opportunità di accesso al benessere, non è vero che la crisi della sovranità dia luogo ad una maggiore protezione dei diritti umani, né facilita un regime cooperativo della sicurezza in cui tutti sono consumatori e produttori di sicurezza”.
Qual é stato l’errore compiuto dalla sinistra?
“L’ avere ritenuto, dopo la fine del comunismo, questo scenario inevitabile, sacrificando una parte importante del proprio patrimonio identitario. Capire questi errori significa confrontarsi coi nuovi scenari recuperando identità e valori socialisti senza sconfinare nel passatismo e senza chiudersi alla innovazione. Significa ricordare che esiste una destra e una sinistra”.
Bisogna ricordare le appartenenze e i valori ad esse correlate, le ideologie hanno senso e vita? “
Non siamo tutti uguali, la destra in europa e nel mondo è portatrice di una visione liberista e rigorista, isolazionista e insensibile alle questioni sociali, al tema dei diritti, alla questione ambientale e alla esigenza di giustizia, e la sinistra è e deve essere portatrice di politiche di equità e di crescita, di investimento per il lavoro e la dignità delle persone, di lotta al cambiamento climatico, di transizione energetica, di un nuovo alfabeto di diritti che ponga al primo posto la persona umana, senza distinzioni di colore, di fede, di sesso, di provenienza territoriale”.
La destra a destra, la sinistra a sinistra, l’appartenenza ideologica non é negoziabile?
“Bisogna ridare fiato alla sana dialettica democratica, che non esclude forme di cooperazione su singoli dossier, è il senso vero della battaglia politica che abbiamo aperto nel parlamento europeo, una sfida che va ben oltre l’esito peraltro assai lusinghiero della mia candidatura alla presidenza del parlamento. La fine della grande coalizione non è una scelta solo istituzionale, ma politica e culturale. È l’inizio di una fase nuova che dovrà portare ad una grande alleanza progressista che recuperi i referenti sociali che hanno preso la strada dell’astensione o dell’antisistema”.
Ritorno alla dialettica democratica per ribadire appartenenze?
“È anche il modo migliore per ricacciare in un angolo le forze distruttrici e antieuropee che ci hanno presentato come un tutt’uno indistinto, il sistema del male, l’europa del consociativismo e dell’inciucio proteso alla difesa delle lobby finanziarie e incapace di risposte vere ed efficaci alle grandi sfide che toccano la vita dei cittadini e delle famiglie europee”.
Presidente, da leader europeo legge da un angolazione privilegiata le dinamiche mondiali contemporanee, come vede l’Italia e perché non viene ad occuparsi un po’ di noi?
“Devo dedicarmi all’Europa, tanto più oggi che ho aperto una nuova stagione politica”.