La nostra storia comincia nel Consiglio comunale di Napoli,q uando la giunta sfiduca e manda a casa Nicola Amore. E’ il 7 maggio del 1887 e il sindaco è l’uomo che più di ogni altro si è abbattuto per il risanamento della città. Fino alla famosa Legge sul risanamento voluta da De Pretis. Dieci mesi dopo, la Giunta Ruffano, che ha sostituito Nicola Amore, approva i criteri fondamentali del capitolato d’appalto, respingendo il principio del lotto unico e suggerendo di costruire i nuovi edifici prima che sia stata realizzata la totalità delle demolizioni. Bandita in agosto, la gara è vinta nell’ottobre del 1888 dalla Società per il Risanamento di Napoli costituita da un gruppo di esponenti di banche e di gruppi finanziari: il Credito mobiliare di Firenze, la Banca generale di Roma, la Banca subalpina di Torino, l’Immobiliare dei lavori di utilità pubblica ed agricola di Roma, la ditta fratelli Marsaglia di Torino. Il piano elaborato dalla società prevede la ripartizione della zona di intervento in nove settori, esclusi i suoli lungo la spiaggia, nonché la assunzione di vari obblighi per parte dei costruttori, rispetto alle modalità di espropriazione, alla ricostruzione delle quattro chiese parrocchiali da demolire, alle opere di bonifica di piazza Municipio e alla canalizzazione provvisoria di acque e fogne. In cambio l’amministrazione si impegna a cedere loro aree e materiali, oltre che a garantire un contributo globale pari a 75 milioni di lire. Mancano i capitali napoletani, che non ci sono. Prevale, invece, la componente creditizia con le banche tese a fare profitti speculando sul mattone. Da qui a poco scoppierà lo scandalo della Banca Romana.
Nel 1888 torna al potere Nicola Amore e il 15 giugno dell’89, quando prendono finalmente il via i lavori di demolizione dei quartieri meridionali, – si legge nella storia di Napoli di Antonio Ghilrelli – spetta a lui pronunciare il discorso ufficiale per la cerimonia che si svolge alla presenza di un forte stuolo di autorità nel vecchio mercato del Porto, ribattezzato come piazza della Borsa. L’alata orazione si chiude, nello stile dell’epoca e del personaggio, con una drammatica invocazione: «Ed ora, in alto il piccone! Abbattete! Cadano sotto le mine i germi malefici delle infermità e le nuove correnti d’aria e di luce, che si agiteranno su di esse, siano apportatrici di prosperità e di salute».
Un decennio tumultuoso
La crisi e gli scandali
Si apre un decennio tumultuoso per il paese e di riflesso, per Napoli, che come sempre, a cagione della fragilità delle sue strutture economiche e politiche, ne farà le spese in misura esorbitante, fino ad essere trascinata dinanzi al tribunale della pubblica opinione come la vergogna della nazione, Sodoma e Gomorra di tutti i vizi pubblici e privati, Babilonia di camorristi tracotanti e di amministratori disonesti, miseranda patria di una razza giudicata inferiore perfino dai socialisti padani – si legge nella storia di Napoli di Antonio Ghilrelli – È il decennio dello scandalo della Banca Romana, delle prime avventure coloniali, della spietata repressione crispina contro i fasci siciliani e infine di quella che la casta militare scatena contro il movimento operaio; il decennio che si apre con una inchiesta sulle malversazioni del comune di Napoli e si chiude con il regicidio di Monza. Le ripercussioni locali sono traumatiche.
Anche la società Risanamento va in crisi. Soprattutto per la mancanza di mezzi finanziari per la quale si escogitano via via espedienti piú o meno ingegnosi che consentono la prosecuzione dei lavori di stralcio contemplati dalla convenzione del 1894, ma ne spostano il termine ultimo al 31 dicembre 1903. La Banca d’Italia, sotto la guida di Bonaldo Stringher, gioca un ruolo determinante nel salvataggio del gruppo, finendo per assicurarsene il controllo quasi completo.
La popolazione – si legge nella storia di Napoli di Antonio Ghilrelli – segue l’opera con sentimenti contrastanti, e Eduardo Scarpetta affida ad una pagina della sua autobiografia il melanconico ricordo del 6 maggio 1885, il giorno in cui nel vecchio largo del Castello (ora piazza Municipio) il piccone del Risanamento si abbatte anche sul teatro San Carlino, il locale in cui per oltre un secolo i piú travolgenti Pulcinella del mondo, dai Cammarano ai Petito, dagli Altavilla ai De Martino, hanno suscitato ogni sera irrefrenabili ondate di ilarità.
Il Risanamento è dominato da due esigenze: quella estetica si nutre di un’architettura piuttosto eclettica, con prevalenza del neobarocco, in un’orgia di cariatidi e di loggiati, di nicchie e di mensole; quella urbanistica subordina il nuovo assetto a obiettivi economici ed empirici, al «costrutto pratico». Ci si illude di creare con la sola bonifica edilizia una vita comunitaria piú adeguata ai tempi anche se poi, in flagrante contraddizione con questi principî, si trascura completamente la creazione di attrezzature scolastiche e ancor piú di zone verdi.