B.S. Aliberti Borromei
Domenica 12 aprile, giornata dedicata alla Divina Misericordia, papa Francesco ha indetto l’Anno Santo con la pubblicazione della bolla “ Misericordiae vultus” . Un giubileo straordinario prenderà il via il prossimo 8 dicembre con l’apertura della Porta Santa: si tratta di una nuova tappa nella missione della Chiesa, quella di portare a tutti il Vangelo della misericordia che evoca una profonda conversione le cui parole chiave sono poveri, umili, ultimi e periferie; le stesse che abbiamo imparato ad ascoltare sotto questo pontificato. Parole, queste, che già papa Roncalli, poco più di 50 anni orsono, evocò prima di indire il Concilio Vaticano II, ma che furono surclassate da altri due temi conciliari molto forti quali il dialogo interreligioso e il rapporto col mondo contemporaneo, o meglio, sarebbe opportuno dire, che la Chiesa dei poveri ebbe meno spazio in Occidente, mentre in America Latina l’attuazione del Concilio e del magistero conciliare di Paolo VI riuscì a condurre alla teologia del popolo e alla Chiesa povera per i poveri.
8 dicembre 1965, si mise fine ai lavori conciliari del Vaticano II, e non a caso papa Francesco ha scelto questa data, ribadendo egli stesso che i padri conciliari avvertirono fortemente la necessità di parlare di Dio agli uomini in modo nuovo, abbattendo le muraglie che da tempo racchiudevano la Chiesa come in un luogo privilegiato, aprirsi al prossimo, testimoniare la propria fede con più convinzione.
Ed è proprio il termine “ Misericordia” motivo centrale del Giubileo, termine già presente nell’Antico Testamento, dove per descrivere la natura di Dio si usa “Paziente e misericordioso”, nel Salmo 136 ricorre ad ogni verso la frase “Eterna è la sua misericordia”, e poi ancora il Salmo 103, 140, il Vangelo di Matteo, la Summa Teologica di Tommaso d’Aquino e così via, esplicano come la Misericordia non sia debolezza ma onnipotenza e manifestazione di un Dio che è amore, comprensione e perdono.
Sarà un Giubileo che vedrà la presenza di ben due papi, cosa già nota alla storia ecclesiastica, in quanto il 1390, anno del terzo Giubileo, vide per la prima volta la presenza di Urbano VI che lo indisse con la bolla “Salvator noster Unigenitus Dei Filius”del 1398, e Bonifacio IX che lo celebrò in quanto il primo morì improvvisamente. Altro giubileo con due pontefici fu testimone il 1475: Paolo II lo preordinò e lo annunciò cinque anni prima con la bolla Ineffabili Providentia, ma fu celebrato e indetto da SistoIV che ne confermò le disposizioni precedenti con la bolla Salvator Noster ed il quale decretò che il giubileo si sarebbe celebrato ogni 25 anni come ancora accade ai giorni nostri. Il 1550 vede ancora due papi Paolo III e Giulio III, il primo lo preparò con due decreti mentre il secondo lo indisse con la bolla Si pastores ovium, così come avvenne nel 1775 con Clemente XIV che lo indisse e Pio VI che lo celebrò.
Molti vedono nella proclamazione dell’ Anno Santo, una consequenziale manovra economica, dopo l’Expo, per risollevare il nostro Paese, in quanto si prevedono a Roma oltre venticinque milioni di persone, ma subito il monito di papa Bergoglio il quale chiede a tutta la Chiesa la capacità di riconoscersi bisognosi di conversione e solo attraverso questa, ci potrà essere riforma sia delle istituzioni, della curia che della fede.
Un’occasione, dunque, per credenti e non, di riflettere sul senso della vita, in un momento difficile per l’intera umanità dove spesso l’indifferenza prevale sulla centralità dei valori, accantonando quella spiritualità che caratterizza la nostra cultura e la nostra società.
Trovo queste note sulla grande differenza d’intenti tra i due importanti appuntamenti molto appropriate, un un momento in cui si strumentalizza su tutto.
Credo che per il futuro del Mondo,
qualunque sia il credo, gli argomenti proposti dal Concilio
possono servire a poter intravedere una più giusta attenzione verso i più deboli e meno fortunati.
Altrettanto importante EXPO,
per risollevare le sorti puramente
nazionali. Un Grande Grazie,
gentile Simona