Ad attaccare i vertici della Regione Lombardia ha iniziato prima Repubblica poi il Fatto quotidiano, tra i giornalisti, più di tutti si sono distinti Marco Travaglio, Roberto Saviano, ma anche Michele Serra, perfino le sardine lombarde sono intervenute nel dibattito circa la gestione dell’emergenza Coronavirus in Lombardia, chiedendo al Governo che “rievochi a sé alcune competenze come la sanità e la gestione emergenziale in Regione Lombardia“. Hanno scritto con toni forti una lettera a Conte “Non possiamo più tacere i tanti fatti che ci allarmano e che ci fanno armare di pensieri, progetti e speranze per un futuro che, oggi, scorgiamo denso di nubi”. Secondo le Sardine e tanti altri radical-chic della sinistra ci sarebbero precise responsabilità della Regione Lombardia dietro l’alto numero di morti nella Regione più colpita dalla pandemia di Coronavirus.
Mi preme fare una puntualizzazione, fin dai primi interventi sul tema coronavirus, ho preso le distanze dal Governo Conte e se c’erano dei politici da ringraziare, questi erano certamente Fontana e Gallera, inoltre già un mese fa ringraziavo i tanti medici e infermieri che hanno lavorato con abnegazione, pagando a caro prezzo il loro straordinario impegno. E’ di oggi il racconto dettagliato che offrono alcuni giornalisti su Il Corriere della Sera, un’inchiesta sul ritardo dei ventilatori e mascherine per gli ospedali chiesti con un mese di ritardo. In pratica dove dal 21 gennaio al 21 febbraio, c’è stato un mese di vuoto. Così il personale medico soprattutto lombardo di fronte alla violenza del virus, senza quegli strumenti fondamentali, ha fatto quello che ha potuto. Sperando poi che non subiscano poi cause civili e penali con richieste di risarcimenti per i tanti decessi. Al danno anche la beffa.
Mentre per quanto riguarda i troppi decessi in Lombardia, Il Sussidiario, fa riferimento a una ricerca dell’Università San Raffaele mostra che in Lombardia si sono verificati percentualmente meno decessi che a New York e Madrid. «Questi dati, secondo Carlo Signorelli, ordinario di Igiene e Salute Pubblica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e primo autore dello studio, dicono che parlare di eccesso di mortalità in Lombardia è falso». Sull’argomento è stato intervistato il virologo Pregliasco, «Il caso Lombardia esiste nel senso che la Lombardia ha vissuto la peculiarità di una situazione epidemiologica che è stata devastante. Ormai ci sono prove che tra dicembre e gennaio sono circolati casi nascosti. Presumibilmente l’epicentro è stato a Codogno, che è centro di logistica importante, con interscambi di persone e dove arrivavano 20mila persone alla settimana dalla Cina» (TROPPI MORTI IN LOMBARDIA?/ “Non c’entra la sanità ma il virus nascosto in gennaio”, intervista a Fabrizio Pregliasco, 20.4.2020, ilsussidiario.net).
Tuttavia emerge che tra le prime due regioni italiane investite dallo tsunami coronavirus, il Veneto ha mantenuto il controllo della situazione, mentre la Lombardia un po’ meno.
«Quindi, indubbiamente vi sono errori di strategia che dovranno essere studiati bene e corretti per evitare che si ripeta la tragedia. Oltre agli errori di strategia, vi sono stati sicuramente gravi comportamenti delle amministrazioni ospedaliere e dei gestori delle case di riposo pubbliche e private, su cui sta già indagando la magistratura per accertare le responsabilità penali. Ma l’attacco che la Lombardia sta subendo in queste settimane, da parte del governo, dei partiti politici di sinistra e della quasi unanimità dei media, va ben oltre alle critiche sulla strategia adottata e sulle responsabilità». (Stefano Magni, La gran voglia statalista di commissariare la Lombardia, 20.4.2020, LaNuovaBQ.it)
Per quanto riguarda la grave critica mossa alla Lombardia, di non aver istituito la “zona rossa” nei comuni del bergamasco. Non è la Regione che deve farla ma lo Stato. Del resto ogni volta che il professore Giulio Tremonti, viene intervistato, ci ricorda che la Costituzione italiana prevede che quando c’è un’emergenza sanitaria nel Paese, si deve occupare lo Stato, cioè il Governo. Pertanto, «non occorre un grande sforzo di memoria per ricordare come la giunta di Attilio Fontana chiedesse ripetutamente il permesso al governo per imporre nuove zone rosse e come il governo facesse orecchie da mercante […] Ora il governo imputa la responsabilità alla Lombardia, ma la risposta è che Milano ha sbagliato perché ha atteso le decisioni di Roma, invece di impuntarsi, disobbedire e agire autonomamente. Nel caso lo avessero fatto (legalmente era possibile), come avrebbe reagito il governo? Cosa direbbero oggi i media?».
Per Magni la strategia lombarda è fallita per mancanza di controllo del territorio, come invece è stato fatto in Veneto dal professore Andrea Crisante (vero stratega del successo veneto): “l’epidemia si sconfigge sul territorio, non negli ospedali”. Peraltro va ricordato che Crisante è stato fortemente criticato da Ricciardi, definendo queste strategie anti-scientiche. Mentre nello stesso tempo la Lombardia si atteneva alle linee guida di Roma e dei consigli dell’Oms, pertanto secondo Magni, «la Lombardia ha subito un danno grave perché è stata troppo allineata al governo centrale, non perché ha commesso un errore in proprio».
Per la verità da tempo io penso che la Lombardia doveva agire per conto proprio, fin dall’inizio, a fine gennaio, quando bisognava chiudere la Lombardia, visto il comportamento degli inetti di Roma.
A questo punto appare evidente che in questo gioco al massacro, «nel tritacarne mediatico finisce solo la Regione. Ci finisce chi ha obbedito a linee guida, non chi le ha elaborate. E questo già dovrebbe far comprendere che ci si trova di fronte a un attacco di tipo politico, più che a una ricerca spassionata di errori e responsabilità».
Sugli attacchi politici alla Regione Lombardia, anche qui si può fare la storia, si iniziò con Marco Travaglio contro Guido Bertolaso, definito “Bertoleso”, che ha allestito in tempi record l’ospedale in Fiera, ancora oggi nessuna lode da parte dei sinistri, mentre per quello di Wuhan, lodi sperticate. Si è giunti perfino a criticare l’ospedale perchè ci sono pochi pazienti (dovevamo sperare che ci fossero più malati in terapia intensiva?).
La Regione Lombardia viene violentemente attaccata come “modello” da Roberto Saviano in un lungo articolo su Le Monde e poi pubblicato da Repubblica. Il corifeo del sinistrume culturale da la colpa del fallimento della Lombardia alla sanità privata, alla mentalità “aziendalista” e “individualista”, al movimento di Comunione e Liberazione (“colpevole” di aver promosso i medici cattolici obiettori… cosa c’entrino con la lotta al coronavirus non è dato saperlo), in generale il tessuto delle imprese lombarde e la politica di Formigoni prima e della Lega poi.
Arriva al patetico quando continua a reputare che la Mafia sia più forte al Nord che al Sud, perché al Nord c’è il “capitalismo” che per Saviano è il brodo di coltura delle mafie.
Allora secondo Magni, se è questa la causa principale del fallimento del sistema lombardo, Saviano ci dovrebbe spiegare come mai «in tempi normali, non di epidemia, in Lombardia immigrano persone da tutta Italia, anche solo per farsi curare. La mafia del Nord garantisce normalmente più efficienza di quella del Sud? O il modello lombardo è qualcos’altro? Senza contare che la Lombardia, anche in tempo di epidemia, ha perlomeno dimostrato efficienza e flessibilità: nel momento del bisogno, in appena un mese, ospedali pubblici e privati hanno raddoppiato i posti letto e costruito ospedali (come quello, appunto, di Milano Fiera) interamente nuovi. In altre regioni sarebbe stato possibile?».
L’altro attacco alla Lombardia quello di Michele Serra, va più in profondità, diventa anche morale, su Repubblica si permette di condannar i lombardi nel loro insieme e la loro mentalità. «No, lui è passato a insultare direttamente i morti, – scrive Giovanni Sallusti – i lombardi tutti. Inanellando una serie di pre-giudizi su questa plebaglia borghese che pratica la volgare usanza di lavorare[…]Ecco come sono visti i lombardi dal sofà di Repubblica:“Il popolo del non si chiude, brava gente e però monoculturale, confindustriali lillipuziani, i magutt (manovali) bergamaschi tal quali i padroni delle acciaierie, lavoro lavoro lavoro”. Scolpitelo, questo periodo, perché è l’essenza del radicalchicchismo come ideologia d’odio». (G. Sallusti, Serra, il radical chic che insulta la Lombardia, 18.4.2020, Il Giornale).
Quella di Serra è una descrizione a tinte orrende della Regione Lombardia: «L’aria come una discarica, l’acqua come una discarica, la terra come una discarica, la vita intera immolata come un capretto sull’altare della produzione”, quella che Serra definisce “la religione del profitto”. Maledetti siano i lombardi, dunque, che rispettano e praticano l’etica (cristiana) del lavoro e grazie ai quali, ogni anno, 54 miliardi di tasse prodotte in Lombardia vengono redistribuite in tutte le altre regioni italiane». Magni conclude le sue splendide osservazioni, con una raccomandazione per i lombardi: «Ed è da questi articoli che i lombardi possono apprendere il loro futuro. Si parla, polemicamente per ora, di possibile commissariamento. Ma il futuro è chiaro: la centralizzazione, la soppressione del principio di sussidiarietà, che è sempre stato il cuore della Dottrina Sociale, al pari della solidarietà, ma proprio per questo inviso ad ogni politico e intellettuale statalista. La Lombardia, regione atipica, che non campa grazie allo Stato, ma si muove in forza delle sue iniziative private e locali, laiche e cattoliche, per il governo centrale (parafrasando Churchill) è stata a volte una mucca da mungere, a volte una tigre da abbattere. Adesso rischia veramente di essere abbattuta. I lombardi emigreranno in Calabria per farsi curare?».
Avevo previsto di dare conto dell’intervista di Pietro Senaldi su Libero all’ex governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ma rischio di rendere poco digeribile l’intervento, chi è interessato potrà leggerla per conto proprio.
DOMENICO BONVEGNA