Condannata in primo grado, con sentenza confermata dalla Corte di Appello ed ora dalla Cassazione, a 2 anni di arresto e ad euro 4.000,00 di ammenda una signora per aver realizzato un portico in legno di mq 70 i cui pilastri erano ancorati al pavimento con plichi di cemento in assenza del permesso di costruire (art. 44 lett. B. d.P.R n. 380/2001).
La Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale con sentenza n. 4956/2015 (Presidente Teresi Alfredo, Relatore Scarcella Alessio udienza 15.1.2015) ha dichiarato inammissibile il ricorso ritenendo corretto il ragionamento dei giudici d’appello secondo cui l’opera in questione, per le sue caratteristiche strutturali, la sua consistenza ed in particolare per la sua stabilità desumibile dall’ancoraggio della medesima al suolo con plinti di cemento e piastre d’acciaio, non poteva certo definirsi come precaria nè sono state evidenziate esigenze transitorie connesse alla realizzazione dell’opera che potessero evidenziare una precarietà funzionale dell’opera medesima.
È stata, quindi, rigettata la tesi difensiva con la quale si è inutilmente tentato di affermare che si sarebbe trattato di una copertura finalizzata semplicemente a riparare l’immobile.
La Suprema Corte di Cassazione, infatti, ha richiamato gli orientamenti giurisprudenziali consolidati in materia che per la realizzazione di un portico richiedono il permesso di costruire. In particolare si è precisato che “rientrano nella nozione di pertinenza le cose, mobili ed immobili, le quali pur conservando la loro individualità ed autonomia, vengono poste in durevole rapporto di subordinazione con altre per servire al miglior uso di queste ovvero per aumentarne il decoro e dalle quali possono essere separate senza alterazione dell’assenza e della funzione sia della cosa principale che di quella accessoria“.
Conclude, quindi, la Corte che in materia edilizia per pertinenza deve intendersi un’opera che non sia parte integrante o costitutiva di un altro fabbricato, così che deve escludersi tale qualifica all’ampliamento di un edificio anche se finalizzato al completamento o miglioramento dei bisogni cui l’immobile principale è destinato.
Fonte: Corte di Cassazione