Nel 1994-95 i governi Berlusconi e Dini procedono alla definizione delle «aree depresse del territorio nazionale», che potranno ricevere i finanziamenti europei. L’iniziativa spetta al ministro del Bilancio Giancarlo Pagliarini, leghista. Diventano «aree depresse» le più ricche e industrializzate zone d’Europa: quasi tutto il territorio compreso tra Milano e Varese, molti comuni veneti intensamente sviluppati, quartieri di Torino, Genova, Trieste, Reggio Emilia.
La definizione di «area depressa» consente a questi ricchi territori di godere anche dei benefici previsti da una legge presentata dal ministro delle Finanze Tremonti, che tra l’altro defiscalizza gli investimenti. La scarsa pubblicità di questa vicenda, creativa di «ricche aree depresse», portò molti commentatori, disinformati o in malafede, a criticare per questi benefici, rivolti essenzialmente al Nord, il solito assistenzialismo meridionale.
Solo il limite europeo al territorio incentivabile impedirà che l’Italia divenga tutta intera un’area depressa. Comunque altri 11,5 milioni di abitanti del Centro-Nord vivono in territori ufficialmente «depressi». In tal modo si certifica che 31,5 milioni di italiani vivono in «zone depresse»: il 56% dell’intera popolazione