L’Analisi di Vincenzo Olita (direttore di Società Libera)
Il sudonline è stato tra i primi giornali a porre in evidenza, con massima premura, che a Nord Est dell’Europa il mondo aveva un problema. Guerre e venti di guerra ce ne sono tanti sul globo terracqueo, ma il caso Ucraina segnalava la possibilità di un ritorno di conflitto bellico sul suolo europeo. Condotto per di più da una delle più attrezzate te potenze nucleari del mondo, la Russia.
Quindi con un livello di gravità inedita da sempre, perché negli anni dell’ultimo conflitto l’arma atomica fa la sua comparsa solo sul finire. Nuova e grave anche più della guerra che dissolse come neve al sole quel che fino ad allora era una nazione, la Yugoslavia.
Stavolta a mettere gli stivali sul suolo è una delle potenze militari munite, è il caso di sottolinearlo di nuovo, di tecnologie nucleari probabilmente ineguagliabili e con ambizioni marcate e tornare ad avere un ruolo nella geopolitica mondiale.
Non è una grande soddisfazione, però, essere stati fra i primi a indicare la luna mentre altri guardavano il dito, quando cioè l’attenzione dei media era cristallizzata dal tema della elezione del presidente della Repubblica.
VENTI DI GUERRA
Ora i colpi di mortaio, il rullo dei cingolati e l’ululato delle sirene risuonano ininterrottamente nelle strade di Kiev. E il tema è questo: come si può arrivare al più presto a un cessate il fuoco. E per sperare di immaginare cosa può indurre Vladimir Putin e Joe Biden (o chi per lui tra Scholz, Macron, o lo stesso Zelensky) ad accogliere le indicazioni che vengono dai vertici cinesi e tornare alla via diplomatica come strumento per dirimere le questioni di politica estera, bisogna fare un passo indietro.
E per farlo bene, è di molto aiuto Vincenzo Olita, direttore di Società Libera, piattaforma che ha come obiettivo l’affermazione dei valori del liberalismo nella società italiana. Quindi niente di accostabile a una aggregazione di vetero comunisti in disarmo.
Proviamo a riassumere il suo pensiero.
“Sono passati solo sei mesi dalla poco onorevole ritirata dell’Occidente dalle terre afghane… Uno sbaglio epocale dell’Amministrazione Biden che, in appena centottanta giorni, ha favorito la normalizzazione e la scomparsa dell’opposizione a Hong Kong, il pressante risveglio della volontà cinese per l’annessione di Formosa, il conflitto in Ucraina e la conseguente crisi energetica per una parte dell’Europa, il ritiro dal Mali della Francia e degli europei in favore di Russia e Turchia…”.
IL NUOVO ‘48
Insomma, commenta Onida con un pizzico di sarcasmo, un capolavoro di strategia planetaria su cui si appassioneranno gli storici del prossimo futuro. Poi prosegue nell’accostare alla “inadeguatezza di Washington” il lungo e inesorabile tramonto di ONU, NATO e Ue, che a suo parere appartengono al mondo di ieri. Ecco cosa scrive a tale proposito:
“Piaccia o no, occorre prendere atto che non vi è crisi, non vi è tensione, non vi è tragedia in cui le tre organizzazioni non mostrino la loro inefficacia. Sicuramente riconoscere questo stato di cose per alcune Nazioni, Popoli, Elettorati, Partiti e Dirigenze varie, significa subire uno stato di anomia e disorientamento, ma è proprio il riconoscere stati di fatto unitamente a concrete e lucide visioni del futuro che determina la differenza tra declino e popoli emergenti…”.
Siamo quindi a un passaggio cruciale della storia, paragonabile a un ’48 dell’ottocento, che vide il declino di un mondo ancorato alle risoluzioni del Congresso di Vienna del trentennio precedente. Analoga la situazione attuale del nostro Occidente, che “è fermo al 1949 e al superato scudo della NATO”.
TRAMONTO A OCCIDENTE
La Storia si ripete, dunque, come del resto già accaduto all’Europa ferma al trattato di Versailles del 1919: non avvertì a pieno che nel 1933 gli assetti continentali erano mutati. Spiega il direttore di Società Libera:
“L’inadeguatezza delle leadership europee e nordatlantiche, in effetti, la si è misurata dall’impreparazione e dal pressappochismo in risposta alla lucida avanzata militare russa.
Un turbinio di dichiarazioni inconcludenti e riunioni che intrecciano ruoli, posizioni e vertici di politici, diplomatici, militari e uomini di buona volontà il più delle volte distanti da qualsivoglia visione strategica…”.
E il tutto che passa alla fin fine per “un toccasana utile per ogni dichiarazione: Le Sanzioni.
E quindi la domanda cruciale: questa situazione si poteva evitare?
Ecco come risponde Olita:
“Se per l’Occidente è di rilevante interesse strategico che l’Ucraina entri a far parte della NATO, certamente no. Non vi sono margini di trattativa così come non ve ne furono per i missili sovietici a Cuba.
Se una comatosa alleanza militare non avesse assunto un’impropria importanza in un’Europa politica, distante da una rissosa assemblea condominiale, conscia di un suo possibile ruolo planetario, nobilitato da storia e cultura, capace anche di guardare alla Russia come a un pezzo d’Europa, e non a un ormai alleato della Cina, oggi la Storia avrebbe un’altra piega…”.
L’articolo ha una conclusione che sa di profezia, non poco inquietante:
“Purtroppo se la turbolenza ebbe inizio a Kabul, con questi presupposti, non finirà a Kiev, la strada per Taiwan non sarà molto lunga e la solitudine delle Genti d’Europa ancora più amara”.