Si svolge oggi presso la Camera di Commercio di Napoli, la presentazione del Quarto rapporto sulle imprese industriali del Mezzogiorno, a cura della Fondazione Ugo La Malfa.
IlSudOnLine è in grado di anticipare la prefazione al Rapporto di Paolo Savona, presidente della FULM.
di PAOLO SAVONA
Il Quarto Rapporto sulle imprese industriali del Mezzogiorno curato dalla Fondazione Ugo La Malfa con la collaborazione statistico-analitica dell’Area Studi di Mediobanca evidenzia gli effetti nefasti della scomparsa della cultura dello sviluppo che si era affermata nel dopoguerra nelle politiche dell’area occidentale e aveva trasmesso benefici anche all’Italia, soprattutto al suo Sud. L’idea di fondo che aveva mosso la politica era che nessuna area del mondo fosse destinata a un permanente sottosviluppo se avesse rimosso i fattori economici e sociali del dualismo, ossia della diversa crescita della produttività. Per raggiungere questo risultato la politica ha proceduto in due principali direzioni: l’ampliamento e la modernizzazione delle infrastrutture; l’istruzione dei cittadini e la formazione della forza lavoro.
L’importante intrapresa socio-economica fu condotta da un gruppo culturalmente omogeneo, tra i quali svettarono alcuni wise men come Eugene R. Black e David Lilienthal negli Stati Uniti, Gunnar Myrdal e Paul Rosenstein Rodan in Europa, Donato Menichella e Pasquale Saraceno, in Italia. Fu una vera e propria rivoluzione culturale che ebbe nella Banca Mondiale il centro di attuazione per il mondo intero e nella Banca d’Italia dell’epoca per il nostro Paese le istituzioni che si diedero carico di seminare sviluppo. Fu per merito di questa politica che il Mezzogiorno d’Italia riuscì ad uscire dal suo secolare sottosviluppo e a tenere il passo con la rapida crescita del Centro-Nord e questo a fare lo stesso rispetto al resto del mondo. È pur vero che il Sud non riuscì nell’obiettivo di accorciare le distanze con il resto del Paese, ma il successo di quella politica per l’area del mercato occidentale è indubbio.
Verso la fine del secolo scorso il meccanismo di crescita meridionale si è inceppato per due principali motivi: l’affermarsi dell’intervento pubblico in forme prevalentemente assistenziali, che ha causato la reazione di forze a esso contrarie, e lo spostamento dei centri di attrazione del capitale dall’area occidentale ai Paesi arretrati a seguito della caduta della divisione in blocchi politici del mondo. Questo avrebbe dovuto spingere le élite a delineare i tratti di una nuova politica per i Paesi arretrati, mentre ha generato un movimento negazionista dell’esistenza del problema dualistico dovuto al recupero di una concezione del pieno impiego strettamente economica che sembrava superata: impiegare ciò che conviene alle condizioni offerte dal mercato. Di conseguenza la cura del dualismo è stata affidata alle riforme e non a una più oculata e finalizzata spesa pubblica. L’Unione Europea è diventata l’espressione più avanzata della cultura della deflazione che ha spiazzato quella dello sviluppo. Questa involuzione ha trovato terreno fertile nel Mezzogiorno d’Italia per il mancato ammodernamento dello strumentario messo a punto dal meridionalismo postbellico, ma anche per gli sviluppi del capitalismo globale e finanziario, le cui istanze sono state recepite dalla politica e tramutate in un nuovo credo.
La distanza tra governanti e governati si è andata ampliando e rafforza il senso di stanchezza per la complessità e le lentezze della democrazia, minandola alla radice.
Il Rapporto traccia in modo drammatico l’inversione della direzione di crescita del Mezzogiorno che ha rafforzato le spinte contrarie alla collocazione dell’economia meridionale nel mercato globale, mai sopite. Alla ricerca di una soluzione, l’area si è data un’organizzazione socio-economica di tipo chiuso; è cresciuta l’evasione fiscale e l’attività criminale come tecnica di sopravvivenza. Insieme al permanere di forme significative di assistenza alla disoccupazione e alle altre vicende della vita, il Mezzogiorno si va adagiando in un nuovo equilibrio di sottooccupazione, più pericoloso del precedente. Negare le implicazioni sociali di questa involuzione da parte della politica nazionale e ancor più di quella europea è una visione drammaticamente miope del problema e ha effetti punitivi per le forze serie e vitali che tuttora agiscono nel Mezzogiorno. Va sottolineato con fermezza che una spaccatura Nord-Sud dell’Italia si diffonderebbe all’Europa.
Un’istituzione come la Fondazione Ugo La Malfa, legittima erede della cultura dello sviluppo, sente il dovere di inviare un pressante appello alle forze interne ed estere ancora vive e responsabili invitandole a prendere la guida della politica per arrestare il nuovo corso negativo meridionale e riportare al centro dell’azione la collocazione della società meridionale nella dinamica globale.
Con i suoi Cenacoli mensili, la Fondazione tiene vivo il dibattito sullo sviluppo e avanza suggerimenti per uscire dalla pericolosa situazione in cui si trova il Paese.
Il sito web della Fondazione riferisce dei contenuti di questi incontri e del resto dell’attività svolta i quali, unitamente a questo nuovo Rapporto, testimoniano della quantità e qualità del nostro impegno per un Paese e un’Europa politicamente unita.