Politica Interna
Renzi: <Resto anche se perdo>. «Non ci sarà nessun passo indietro»: Matteo Renzi è netto. Anche se il Pd dovesse prendere una batosta, e scendere, magari, al 20 per cento, lui non si dimetterà. E non c’è da stupirsi: brucia ancora la frase avventata prima del referendum costituzionale, quella promessa di ritirarsi che ancora gli viene rimproverata fra ironie di vario genere. «Sono il segretario eletto dalle primarie», afferma con forza il leader del Partito democratico. Quello di Renzi è un messaggio a chi «parla già del dopo». Ovvero agli avversari interni. Nell’ennesima giornata di campagna elettorale, in cui il segretario si divide tra l’Assolombarda, un’intervista a mezzogiorno a Sky e un’altra serale a Matrix, il leader del Pd coglie l’occasione per mettere i puntini sulle i. Sa che le minoranze da tempo vanno dicendo «il 5 marzo faremo i conti» e che ipotizzano «un congresso anticipato se il partito scenderà al 22-23 per cento». E invece di aspettarli al varco, Renzi li anticipa, forte del fatto che, come dicono i suoi, «non c’è una soluzione alternativa» a lui.
Le ‘sirene’ di CasaPound. “Prima insieme, poi divisi, adesso di nuovo vicini: con l’ipotesi di un’intesa post voto su un governo sovranista. Un governo «che ci porta fuori dall’euro e dall’Unione Europea e blocca l’immigrazione». Che in questi anni tra la Lega di Salvini e CasaPound Italia il feeling non si fosse di fatto mai interrotto, si intuiva. Ora c’è la conferma. A meno di una settimana dalle elezioni l’offerta dei “fascisti del terzo millennio” arriva per bocca del segretario Simone Di Stefano: «Siamo pronti a sostenere un governo Salvini», ha annunciato ieri a Radio 24 il candidato premier di Cpi. Certo: Salvini prende tempo, ma fa capire che le porte, per i camerati, non sono chiuse. Anche se durante un’intervista risponde così: «Il sostegno di CasaPound? Siamo robusti, possiamo farne a meno…». Il governatore lombardo uscente, Roberto Maroni, ha messo una pietra sul percorso della candidatura a premier di Salvini: A lui – ha detto – preferirebbe di gran lunga Tajani, e cioè il nome proposto da Berlusconi.
Politica Estera
Cina. L’esigenza di stabilità politica, quella di cui la Cina ha bisogno in dosi massicce per superare le sfide dentro e fuori casa, sbaragliala necessità di preservare una dinamica più articolata all’interno del Partito comunista; l’effigie di Mao sulla Tienanmen è un monito tangibile, nel bene e nel male. Con una mossa largamente prevedibile, il nuovo Comitato centrale (la decisione, peraltro, è stata testata dal a Plenum che si è svolto a gennaio) ha proposto alla Plenaria del Parlamento di far saltare il limite costituzionale del doppio mandato per presidente e vice. Così Xi Jinping, classe 1953, Segretario generale del Comitato centrale, Chairman della Commissione militare centrale del Partito comunista cinese, Presidente della Repubblica popolare cinese nonché – anche questa è una grande novità – Comandante in campo delle Forze Armate e core leader designato, potrà lavorare in tutta serenità al suo terzo mandato. Con un nuovo cedimento al regime, Apple sposta in Cina la nuvola informatica in cui custodisce i dati dei propri clienti locali. Svanisce così l’ultima speranza, per gli utenti cinesi di Apple, di essere al riparo dagli sguardi della censura governativa. I capitalisti della Silicon Valley possono continuare a proclamarsi progressisti, ma hanno le idee chiare su chi stabilisce le regole a Pechino.
Usa. La Corte Suprema boccia il ricorso della Casa Bianca e, di fatto, prolunga per mesi la protezione legale per i «Dreamers», i figli degli immigrati irregolari arrivati quando erano minorenni. Il 6 settembre Donald Trump aveva annunciato l’abolizione del Daca, «Deferred action for childhood arrivals», il provvedimento che consente a circa 700 mila persone di continuare a vivere, lavorando o studiando, negli Usa. La Casa Bianca sostenne che l’ordine esecutivo con cui Barack Obama, nel 2012, aveva introdotto la normativa costituisse un abuso delle prerogative presidenziali (e ieri Trump ha ribadito: «è illegale»). Ma due giudici federali, a San Francisco e a New York, hanno dichiarato arbitraria la decisione di Trump. I «dreamers» sono circa 700.000 immigrati illegali, portati negli Usa dai genitori quando erano bambini. Obama li aveva protetti con il Daca ma il suo successore lo ha annullato, dando tempo al Congresso fino al 5 marzo per trovare una soluzione alla crisi.
Economia e Finanza
Bce. Due audizioni separate e consecutive, nella commissione Econ dell’Europarlamento, hanno chiamato in causa possibili rischi per l’indipendenza della Banca centrale europea (Bce). II presidente dell’istituzione di Francoforte Mario Draghi e poi il controverso ministro delle Finanze spagnolo Luis de Guindos, designato come nuovo vicepresidente della Bce dai colleghi dell’Eurogruppo/Ecofin, hanno rassicurato. Ma alcune parole taglienti di Draghi e iI discusso passato di de Guindos, notoriamente da anni filo-Berlino, hanno lasciato dubbi tra alcuni eurodeputati. Il presidente della Bce ha annunciato che «l’8 marzo» la sua istituzione renderà noto iI parere di rito (non vincolante) sulla designazione del nuovo vicepresidente, che sarebbe iI primo politico a passare da un governo alla banca centrale della zona euro, organismo tecnico indipendente. Tutti sanno che in Germania c’è attesa, soprattutto da parte dei media, per l’arrivo di un candidato tedesco sulla poltrona di Francoforte e tutti sanno che il candidato Jens Weidmann è l’anti-Draghi per definizione.
Embraco. «Mai più casi Embraco con noi al governo». Quella di Silvio Berlusconi è una promessa, che poggia sul programma economico e fiscale del centrodestra e di Forza Italia. L’Italia non può aspettare – dice il leader azzurro, in un’intervista a Studio Aperto -, si è perso già troppo tempo con governi di sinistra che nessuno ha votato. Ora ha bisogno di un governo capace di prendere subito provvedimenti per le tante emergenze: giovani disoccupati, poveri, anziani…». A Matteo Renzi, che lo ha paragonato a Babbo Natale, il Cavaliere risponde: «Ha ragione, perché la Flat Tax, colonna portante del nostro programma, porta doni a tutti, dai più deboli fino ai grandi capitali, che torneranno ad investire in Italia. Ieri, tuttavia, è arrivata quasi un’apertura da Whirlpool Brasile che controlla Embraco: «L’azienda è consapevole delle proprie responsabilità nei confronti dei dipendenti e si impegna a lavorare in stretta cooperazione con i sindacati, le autorità di governo e locali al fine di trovare soluzioni adeguate e praticabili per tutti».