La creazione e manipolazione politica dei movimenti avversi alle opere pubbliche in Italia ha raggiunto livelli sempre più paradossali. Ormai persino di fronte alle sentenze favorevoli alle opere, si fa finta di niente. E, cosi facendo, si altera e distrugge in maniera irreversibile l’idea stessa della legalità, cioè il fondamento di ogni libero consorzio civile. È quello che sta avvenendo in Puglia, ad opera dei politici che animano come “capataz” l’opposizione locale al gasdotto Tap. Il rapporto annuale sui costi del non fare letteralmente rimbalza su partiti e politica nazionale.
L’ultima versione, quella 2016, stima in oltre 600 miliardi di qui al 2030 i costi dei ritardi e delle opere infrastrutturali bloccate. Di questi, 59 miliardi riguardano opere di trasporto stradale e portuale, 55 miliardi le reti e infrastrutture energetiche. Servono infatti energia pari a una produzione di 33.900 megawatt per 43,7 miliardi, e reti di trasmissione per 12 miliardi. Ecco perché è strategico per l’Italia il gasdotto che arriva dal Mar Caspio, il Tap che attraverso Azerbaijan, Georgia, Turchia, Grecia e mare Adriatico approda in Italia in località Santa Foca, comune di Melendugno, provincia di Lecce. Ha una portata di 10 miliardi di metri cubi di gas, estensibile a 20 miliardi. Il suo studio di fattibilità data al 2013 e l’avvio dei lavori a 4 anni fa. Inutile dire che siamo in ritardo rispetto all’arrivo del primo gas previsto al 2020.