Politica interna
Renzi – Per il premier Matteo Renzi il rigore non è la soluzione per uscire dalla crisi economica, e lo sottolinea ancora una volta via twitter durante il suo soggiorno australiano per il G20. Un’esternazione mattutina, seguita della colazione con il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, con il quale Renzi ha più volte polemizzato sul punto. Ma chi si aspettava scintille è rimasto deluso. L’incontro tra Renzi e Juncker è stato costruttivo, e le ruggini sono state messe da parte. Renzi, di fronte ai cronisti, si limita a dire che “nei prossimi giorni sarà lo stesso Juncker ad informare e dare i dettagli del piano di investimenti europei che sta preparando”. Un segnale di cambiamento dunque, propiziato dalle richieste di Stati Uniti e Inghilterra che chiedono a gran voce un cambio di passo nella politica economica europea.
Jobs act – Ieri è cominciato l’esame in commissione Lavoro della Camera dei 480 emendamenti al Jobs act: l’obiettivo è chiudere entro giovedì e arrivare in Aula venerdì. Un calendario serrato che mette con le spalle al muro anche i più strenui detrattori della legge. Tra questi Pippo Civati, che con rassegnazione commenta: “Temo che la partita sia chiusa”. Dall’Australia Matteo Renzi non recede e incalza: “Basta con la filosofia del piagnisteo”. Sulle proteste spiega: “Rispetto chi scende in piazza pacificamente, ma non sono più i tempi in cui bastava fare una manifestazione per mettere in crisi un governo. La realtà convincerà anche i più scettici ad arrendersi”. L’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, dopo le dure critiche dei giorni scorsi, chiarisce la rotta e usa toni più concilianti: “La fiducia si vota, non possiamo pensare che questo Paese possa andare in una fase di instabilità”.
Ambiente – Per Matteo Renzi ci sono vent’anni di politica del territorio da rottamare, “anche in regioni del centrosinistra”. E le repliche non tardano ad arrivare. La prima è del presidente della regione Liguria, Claudio Burlando: “Il problema del territorio è legato anche ai condoni edilizi. Non li ha fatti il premier e non li abbiamo fatti noi, sono stati fatti a Roma. Tre condoni in trent’anni”. Toni duri anche dal governatore della Toscana, Enrico Rossi: “Noi abbiamo già rottamato”, assicura, “abbiamo approvato la legge che blocca il nuovo consumo di suolo, fatto la legge per il divieto di costruire nelle aree a rischio idraulico, approveremo a breve il piano del paesaggio. La Toscana è un esempio, non mi sembra si possa dire altrettanto della proposta avanzata dal ministro Lupi”. Rossi si riferisce al contestato Sblocca Italia che finanzia autostrade, trafori e allenta i vincoli ambientali sulle nuove opere.
Centrodestra – Da qualche giorno Berlusconi è tornato a predicare l’unità del centrodestra. E invita i vecchi alleati a far fronte comune, rivolgendosi anche a quanti (Ncd e Fratelli d’Italia) aveva tentato di strangolare proponendo a Renzi soglie altissime di sbarramento. Pare che l’ex premier voglia rimettersi alla guida di una nuova coalizione di moderati. Ma sulla strada di Berlusconi c’è l’ostacolo della Lega Nord di Matteo Salvini, che nei sondaggi viaggia intorno al 10 per cento con tendenza al rialzo. Con questi numeri non sarebbe improbabile un soprasso dei leghisti, che mai accetterebbero di allearsi con il Cavaliere mantenendo una posizione subordinata.
Politica estera
Isis – L’Isis ha diffuso ieri, tramite social network, il video che parrebbe confermare la decapitazione di Peter Kassig, 26enne americano ex militare in Iraq nel 2007 e poi operatore umanitario rapito nella Siria meridionale oltre 13 mesi fa. Kassig è il quinto ostaggio occidentale a essere decapitato dal tempo dell’espansione armata dell’Isis dalla Siria nord-orientale all’Iraq centro-occidentale nel giugno scorso.
Romania – Dopo un duello all’ultimo voto ieri sera a sorpresa il premier uscente romeno, il socialdemocratico Victor Ponta, ha ammesso di essere stato sconfitto alle presidenziali dallo sfidante Klaus Iohannis ancora prima che lo spoglio dei voti fosse concluso.
Economia e finanza
G20 – Il premier australiano Tony Abbott aveva centrato il “suo” G20 intorno ai temi dello sviluppo economico e della creazione di nuovi posti di lavoro, ma è bastato l’arrivo di Barack Obama con in tasca l’accordo Usa-Cina sulla riduzione dei gas serra per cambiare la percezione e la natura del G20 conclusosi ieri sera. Il padrone di casa alla fine ha dovuto chinare la testa e inserire nel comunicato finale del G20 l’impegno dei “grandi” della Terra a stabilire ambiziosi obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di CO2. Ma non c’è solo l’ambiente nell’agenda di Obama. Il presidente americano ha rivendicato per il suo Paese un posto di primo piano in ambito economico, avendo gli Stati Uniti creato più posti di lavoro aggiuntivi di tutte le altre nazioni avanzate messe insieme. Gli accordi presi al G20 hanno un valore storico perché per la prima volta i partecipanti al summit hanno basato i loro impegni non solo su dichiarazioni generiche, ma anche su cifre vincolanti. E lo hanno fatto non solo sulla crescita del Pil (che deve aumentare del 2,1% entro il 2018), ma anche su obiettivi sociali come la riduzione degli ostacoli che frenano l’accesso delle donne al mercato del lavoro (riduzione del gap del 25% entro il 2025).
Ue – Al G20 di Brisbane gli Stati Uniti non hanno mancato di criticare l’Unione Europea, “colpevole” di non fare abbastanza per rimettere in moto l’economia. “Dobbiamo evitare che l’Europa sia vittima d’un ‘decennio perduto’”, ha avvertito il segretario al Tesoro Usa, Jack Lew. Gli americani si sentono quasi traditi dalla limitata performance della congiuntura europea, e nascondono a stento la delusione per il ruolo della Germania, locomotiva mancata e sospettata di egoismo. Il piano da 10 miliardi di investimenti annunciato da Angela Merkel è considerato modesto dalla Casa Bianca. Il timore è che l’Ue freni il tentativo di ripresa dei ricchi del mondo.