Di contro a quello che definite con malcelata inquietudine: lo spontaneismo terzomondista della Napoli turistica, invocate come al solito “il progetto”, “la struttura razionale”, il “piano di investimenti”, l’alternativa organizzata, l’alternativa virtuosa.
Pare la nuova versione dell’elenco telefonico delle cose più belle del mondo, proprio come fu, a suo tempo, Bagnoli, del cui fallimento rimane, a futura memoria, il deserto per antonomasia, la morte urbana.
Non c’è niente da fare. Dietro il razionalismo dell’ovvio, del “naturalmente”, del migliore proposito, del “ci vorrebbe ben altro”, si nasconde l’odio per l’iniziativa privata, la diffidenza verso ogni capacità di autorganizzazione, la paura della spontaneità, l’occhio sospettoso verso ogni forma di vitalità “non prevista ” e, perché no, il ben noto senso di fastidio per il popolo di certa borghesia cittadina terrorizzata dalla eventualità di ricadere, una volta o l’ altra, dentro le sue spire.
Ebbene Napoli è esattamente il contrario storico di tutto questo, fatevene una ragione. O si ha la pazienza di comprendere le cose, di negoziare le vie d’ uscita, di regolare il possibile e l’utile (e non il “tecnicamente necessario”), di coinvolgere, di convincere, di rendere compatibile…oppure la città fotterà sempre i “ben pensanti”, i campioni della “declinazione del bene “, come ha sempre fatto.
L’ alternativa è cambiare residenza o, data l’epoca, cambiare mondo. Il “giacobinismo” qui è destinato alla sconfitta e quindi alla impossibilità di aggiungere valore e, in ultima analisi, di fare del bene.
Scusatemi cari amici, ma le vostre posizioni sono carta conosciuta, sono state ammassate a iosa, se ne stanno lì ad invecchiare nei depositi delle cose dette e ridette mille volte, senza esito.
Nei quali mi aggiravo anche io, fino a qualche tempo fa.
Bartolo Costanzo