di Luca Maimone

 

Ai primi di ottobre la cultura italiana ha smarrito una delle sue voci più libere e originali, Franco Bolelli, lo scrittore e filosofo milanese ci ha lasciati, dopo una lunga malattia, a settant’anni compiuti da poco. Per un antico adolescente, come amava definire sé stesso e la sua splendida moglie Manuela, è davvero un saltar via dalla giostra del mondo troppo presto e troppo in fretta. Ho conosciuto Franco per la sua splendida rubrica Starship, sulla nuova edizione di re Nudo. Starship dedicava le sue parole ed immagini alla psichedelia, alle sperimentazioni e al rock’n’roll, vero pane benedetto per i miei denti ancora aguzzi. Cominciai a scrivergli e sempre gentilmente Franco rispondeva alle mail di un ragazzino curioso e affascinato da quel mondo che Franco incarnava alla grande. Il suo amore per l’America, come mito di frontiera ed esplorazione, era anche il mio amore, qualcosa spesso di inconfessabile per la cultura moralista e provinciale che spesso si respira in Italia. E questa condivisione mi ha fatto sentire meno solo. E poi Nietzsche, il basket, il rock’n’roll e Tom Robbins, che non finirò mai di ringraziare per avermelo fatto conoscere, passioni adolescenziali e proprio per questo profondamente vitali. Franco Bolelli era distante anni luce dalle parrocchie moraliste religiose o politiche che siano, troppo fossilizzate alla critica dell’esistente, bensì egli vedeva e apriva spiragli, nutriva a cavalcava l’onda evolutiva del presente che si dissolve in futuro e alle recriminazioni e scontentezze, rilanciava il coraggio e la visione. Egli non era un intellettuale, un pensatore in senso classico, era uno scopritore di mondi, come un pioniere di frontiera aveva un orecchio sul binario e l’occhio che puntava al cielo; alle categorie seriose dell’etica e dell’estetica opponeva l’energetica: una filosofia che non si rinchiude autisticamente in sé stessa, ma che si fa corpo vivo nelle scelte, negli esperimenti e nei modi in cui conduciamo le nostre esistenze. Una delle metafore che maggiormente amava utilizzare era quella del senso dell’impresa, l’impresa come categoria fondamentale, una potenza affermativa che esalta la vita, che non può accontentarsi di essere solo buona e giusta, categorie carine certo, ma poco vitali, Franco inneggiava ad una vita piena, ricca e proprio per questo realmente viva. Egli era un surf-filosofo che alla quieta contemplazione dell’onda o alla sua analisi particolareggiata, preferiva surfarci sopra, sotto e dentro, esercitando una sperimentazione e quindi conoscenza estatica e profonda dell’evento che si sta attraversando. Come ben scrisse lui: “La surf-filosofia è, dicendola con un paradosso, una scuola istantanea, un principio di mondo, lo stato di grazia come stile di vita e insieme come quell’attimo in cui si cavalca la cresta dell’onda. La conoscenza è istinto superiore e non sistema logico sotto controllo. Ci insegna a riconoscere l’onda più grande, l’incontro fatale, un riconoscere qualcosa che non si conosce perché si tratta di conoscenza innocente, una conoscenza in estasi”. Ha scritto libri forti e soavi allo stesso tempo, e rivendicava con intelligenza ed ebbrezza la superiorità della cultura pop, poiché maggiormente in sintonia con il flusso del tempo e del desiderio in cui siamo immersi. In collaborazione con Lorenzo Jovanotti Cherubini ha scritto Viva Tutto, uno scambio epistolare ai tempi di internet, in cui tutto ciò che pula nella vita e nei cuori diviene argomento di riflessione e di ri-creazione. Grazie a quella collaborazione Franco ha acquistato maggiore e meritatissima notorietà.  A differenza di tanti “personaggi” famosi Franco, non era uno snob, era un naturale aristocratico, perfettamente nicciano anche in questo, e non restava rinchiuso anche sui social nella stretta cerchia dei suoi amici a fan, ma interagiva, commentava, anche con chi non aveva né fama né conoscenze, a differenza di tanti personaggi che restano confinati nel rapporto autocompiacente di “stella” e fan. Era curioso e soprattutto generoso, e adorava, senza nessuna retorica, i bambini e per me questa cosa qui è davvero speciale. Aveva un nipotina bellissima che vive in America col figlio Daniele, e molti dei miei pensieri vanno a lei, che dolore aver perso un nonno così. Grande rammarico non averlo mai incontrato di persona, varie volte ci siamo sfiorati, e quanto mi sarebbe piaciuto presentargli la mia bambina. Davvero dolorosa questa perdita, come affermava il suo, il mio, amato Freddy Nietzsche: “si ripaga male un maestro, se si rimane solo e sempre l’allievo”. Continueremo Franco a tenere alta l’energia, a surfare tra le onde, anche quando saranno scure e a ricordarti spesso con il tuo sveglio e dolcissimo sorriso. Mi mancherai. Mi sentirò di nuovo un po’ più solo. Un abbraccio forte a Isabella, a Daniele, a Manuela e a Gloria. Good trip Mr. Bolelli. Fly on.