“No, non si può governare contro il Nord”. E se non si fosse capita l’antifona, “Libero” (20 settembre, pagina 4) ce la spiega meglio: “Non si può accelerare la crescita andando in contrasto con chi è detentore della crescita del Paese”. Indovinate chi è? Dai, è facile…
ANTIFONA
“Il 35 % del Pil – continua l’articolo – viene da Lombardia e Veneto. Se si aggiunge il Piemonte si arriva oltre il 40%. Se si mette anche l’Emilia Romagna si fa un altro 10%”. E siccome è sempre la somma che fa il totale, mettendoci anche la Liguria e il Friuli, la Valle d’Aosta e il Trentino, eccolo qui lo zoccolo dura della ricchezza nazionale, dopo 150 anni di Unificazione. E che vogliamo fare? Mettere freni a cotanto motore?
Indi per cui, state a sentire: “… immaginare di governare contro regioni come Lombardia e Veneto, dove governa, secondo me molto bene, la Lega, è elemento che deve essere tenuto in grande considerazione”. Avete capito? Non vi permettete nemmeno di pensarlo…
AVVERTIMENTO
L’avvertimento diretto, senza molto riguardo, al presidente del Consiglio Conte (guai se si mette contro il Nord), non viene da Zaia e Fontana. E nemmeno da Erika Stefani o Matteo Salvini. Sono parole di Vittorio Feltri: no, anche se tutto lascerebbe intenderlo. L’autore delle dichiarazioni raccolte da Alessandro Giorgiutti è Carlo Messina, ossia nientepopodimeno che l’amministratore delegato di Intesa San Paolo, la cui opinione viene elevata a voce del mondo delle imprese (nordiste). Una posizione così apertamente schiacciata sul sentimento leghista – da parte del manager di una delle grandi banche nazionali – sorprende non poco. Per una serie di motivi che cerchiamo di riassumere per punti.
SETTE PUNTI INTERROGATIVI
- Dove ha letto / visto / sentito Carlo Messina che promuovere lo sviluppo del Mezzogiorno si traduce in politiche che “anno contro il Nord”?
- Detto in altre parole, avere più ferrovie, più autostrade e aeroporti, più connessioni distribuite in maniera omogenea sull’intero territorio nazionale, ossia colmando il divario che persiste al Sud – come il governo Conte promette -: perché tutto questo significa “andare contro il Nord”?
- Se invece Messina si riferisce alle proposte di autonomia differenziata di Lombardia e Veneto, riesce a capire che erano, appunto, proposte che attendevano il vaglio di Parlamento e, semmai, della Corte costituzionale? Edè pertanto giusto e legittimo ricondurle nel solco di un dibattito parlamentare senza doverle inghiottire come una medicina amara da assumere a scatola chiusa?
- Ha idea il dottor Messina che alle tre Regioni del virtuoso Nord, si è aggiunta da tempo la mozione di autonomia differenziata della Campania? L’ha letta? Ha intenzione di tenere conto, nelle sue esternazioni, che a determinate condizioni anche il Sud è pronto a fare la sua parte nella battaglia per la modernizzazione del Paese?
- Ha letto inoltre le dichiarazioni rese al Mattino del 22 settembre dal direttore generale della Banca d’Italia Fabio Panetta, secondo il quale il ritardo del Sud è “inaccettabile e ingiustificabile” perché oltretutto danneggia tutta l’Italia, mentre “un incremento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno – è Panetta che parla – pari all’1 per cento del suo Pil per decennio, ossia 4 miliardi annui, avrebbe effetti espansivi significativi per l’intera economia italiana”? E per essere più esplicito, il direttore di Bankitalia aggiunge: “Ne guadagnerebbe anche il Centro Nord – insiste – per via dell’integrazione commerciale e produttiva tra le due aree…”
- Concetti che richiamano gli studi effettuati da SRM, espressi in numerose occasioni, in cui si evince l’interdipendenza economica tra Nord e Sud e si stimano nel 40% il ritorno al Nord di un investimento effettuato nel Meridione. Il dottor Messina lo dovrebbe ben sapere, visto che SRM altro non è che il centro studi collegato a Intesa San Paolo, cioè una associazione “in house” della banca che dirige?
- E per dirlo a memoria di chi legge – non sua che lo tiene a vista – SRM è acronimo di Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, frutto dell’incorporazione dell’ufficio studi del Banco di Napoli, costituito nel 1931. Al centro della sua visione ci sono la portualità e logistica del Sud come leve strategiche per la crescita nazionale. Ne sono così convinti in SRM da affermare che “l’arretratezza di questo comparto nel Mezzogiorno è frutto anche della trascuratezza della politica nazionale”. Per maggiore precisione: “Perso nei campanilismi più deteriori – si legge in un articolo del 31 gennaio 2014 a firma del direttore di SRM – il nostro Paese ha dimenticato di guardare con uno sguardo d’insieme alla sua naturale vocazione geografica”. E non basta: “Spesso di è contrapposto il legame Centroeuropeo del Nord Italia come quello Mediterraneo del Sud della Penisola come fossero due opzioni alternative. Questo strabismo si è poi accentuato nell’ultimo quindicennio, dove un regionalismo mal inteso e mal interpretato ha esasperato questa dicotomia”.
Non c’è altro da aggiungere, pare. Nemmeno una parola. Salvo constatare che evidentemente in Intesa Sanpaolo quello che dice la mano destra, la mano sinistra non lo sa e non lo vuole sapere.
Amerigo Ormea