Alessandro Corti
Non si vive di soli “migranti”. La sicurezza è un capitolo importante del programma di governo. Interessa tutti i cittadini. E’ sacrosanto portare in Europa le nostre richieste e lottare affinchè vangano accolte. Ma non può essere l’unico argomento nell’agenda dell’esecutivo giallo-verde. Perché, nel paese reale, le cose continuano ad andare maluccio. L’economia, dopo un paio di trimestri in rosa, è tornata a pigiare sul freno. Con la conseguenza di mandare a gambe all’aria tutto il castello di cifre costruito nell’ultimo Documento di economia e finanza (il Def). Calano anche ordinativi ed esportazioni, le due gambe sulle quali fino ad ora aveva potuto contare il nostro apparato produttivo. Dal momento che le cattive notizie non arrivano mai da sole, ieri anche Standar&Poor’s ha certificato il rallentamento dell’azienda Italia annunciando che nel 2019 difficilmente riusciremo a crescere più dell’1,3%, lo 0,2% in meno rispetto alle previsioni. Ma, la cosa da sottolineare in rosso nel rapporto dell’agenzia di rating è che la causa principale della frenata è tutta nell’incertezza della politica. Del resto non passa giorno senza un litigio o uno scontro fra i due soci di maggioranza del governo Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio. A tutto questo, poi, bisogna aggiungere un ulteriore elemento di preoccupazione. La prossima settimana arriverà il verdetto di Moody’s sul rating dell’Italia ed è da molti giorni che si rincorrono le voci su un nuovo e clamoroso declassamento. Una situazione che potrebbe allargare nuovamente lo spread fra i titoli italiani e quelli tedeschi. Se non altro perché la Germania ha appena annunciato un maxi piano di investimenti da 38 miliardi ed ha l’obiettivo di ridurre il debito addirittura al di sotto della soglia fissata dall’Ue, quella del 60%, meno della metà rispetto al fardello che si porta sulle spalle l’Italia.
Di fronte a questi scenari e a questi numeri non basta puntare energie e provvedimenti per fermare i flussi dei migranti. O per realizzare nuovi centri di accoglienza. O, ancora, per fermare opere strategiche come la Tav Torino-Lione. Così come non è sufficiente il “decreto dignità” per dare nuovo ossigeno all’occupazione. Da questo punto di vista, almeno nel breve periodo, l’effetto rischia di essere diametralmente diverso, con la disdetta di centinaia di migliaia di contratti di lavoro a termine. L’economia deve avere almeno la stessa dignità dell’emergenza migranti nell’agenda dell’esecutivo. Occorre passare dalle parole ai fatti e decidere una strategia coerente ed efficace per rilanciare gli investimenti e creare buona occupazione. Altrimenti, non sarà necessario alcuno scontro con Bruxelles. Il verdetto arriverà direttamente dai mercati. E il costo dell’incertezza politica diventerà ancora più salato.