«II Matteo Salvini di popolo è tentato, dico la verità… Sono tentato di dire “andiamo avanti. Processatemi”. Voglio vedere se si può processare un ministro perché fa quello che dice». II vicepremier non è ultimativo: «Voglio dormirci sopra». E’ vero, però, che l’iniziativa del tribunale dei ministri di Catania per il leader leghista è stata «un’assoluta sorpresa. Intendiamoci, la cosa non mi scompone di un millimetro. Però, dopo aver letto la documentazione in cui il procuratore capo di Catania aveva smontato una per una tutte le accuse dicendo che avevo esercitato il diritto-dovere di un ministro, effettivamente non me lo aspettavo. No problem…». «II ministro ha agito al di fuori delle finalità proprie dell’esercizio del potere conferitogli dalla legge, in quanto le scelte politiche o i mutevoli indirizzi impartiti a livello ministeriale non possono ridurre la portata degli obblighi degli Stati di garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco dei migranti in un luogo sicuro». Così i tre giudici del tribunale dei ministri di Catania – Nicola La Mantia, Sandra Levanti e Paolo Corda – riassumono l’atto d’accusa contro Matteo Salvini sul «caso Diciotti». Il titolare del Viminale continua a rivendicare la legittimità di una scelta politica derivante dal proprio ruolo, quindi insindacabile da parte dell’autorità giudiziaria, ma i giudici sono di diverso avviso.
