Nella sala del Bronzino trasformata in aula di corte d’assise il presidente Napolitano depone sulla trattativa Stato-mafia. Il passaggio più emblematico della testimonianza riguarda l’estate del 1993 quando “fu subito chiaro” che le bombe erano “un ulteriore sussulto della strategia stragista portata avanti dalla fazione più violenta di Cosa nostra, per porre i poteri dello Stato di fronte a un aut aut. O per ottenere benefici sulla carcerazione, o per destabilizzare lo Stato”. Napolitano ebbe la sensazione che quelle bombe fossero un ricatto? Il testimone non esita: “Sì”. Il capo dello Stato ha risposto ieri mattina a tutte le domande che gli vengono rivolte, prima dai pm di Palermo, poi dal legale di Totò Riina, Luca Cianferoni. Non ha parlato solo della stagione delle bombe che hanno colpito Sicilia, Firenze, Roma e Milano. La deposizione ha riguardato anche la lettera che gli inviò il suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio il 18 giugno 2012, un mese prima di morire, e in cui esprimeva il timore di essere stato trattato, fra il 1989 e il 1993, da “utile scriba” e “scudo per indicibili accordi”. A questo proposito il capo dello Stato ha spiegato di non aver ricevuto alcuna confidenza particolare da D’Ambrosio e di non aver mai saputo di “indicibili accordi ” nel cuore dello Stato. “D’Ambrosio – ha aggiunto – mi aveva trasmesso solo ansietà e sofferenza per la strumentalizzazione delle intercettazioni tra lui e Mancino”.
Nel pomeriggio una nota del Quirinale informava che Napolitano “ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa”. L’auspicio del Quirinale è che la pubblicità di quanto avvenuto sia garantita nel tempo più breve possibile. “La Presidenza della Repubblica – si legge – auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l’acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all’opinione pubblica delle domande rivolte al teste e delle risposte rese dal Capo dello Stato con la massima trasparenza e serenità”. Una risposta alle tante polemiche che in queste ore ha sollevato il fatto che l’intero atto processuale si sia svolto senza la presenza di organi di stampa. Tra i commenti più amari su quanto avvenuto ieri c’è quello offerto dall’ex ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, ora coordinatore nazionale del Nuovo Centrodestra: “Vvedere gli avvocati di Totò Riina e Massimo Ciancimino raccontare (a modo loro) e commentare a favore di taccuini e telecamere la testimonianza del presidente della Repubblica alla quale l’iniziativa di qualche pm ha consentito loro di prendere parte, ascoltarli pronunciare il nome di un servitore dello Stato come Loris D’Ambrosio annientato da una indegna campagna di veleno nei confronti delle massime istituzioni italiane, è l’istantanea di un giorno di straordinaria follia per il nostro Paese”. Dalle file del governo ha fatto sentire la propria voce il titolare delle Riforme, Maria Elena Boschi: “Ancora una volta, oggi, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dimostrato il suo profondo rispetto per le istituzioni repubblicane e l’alto senso dello Stato. Al Presidente della Repubblica va tutta la nostra gratitudine per la dedizione e la fedeltà alla Costituzione”.