di Giulia Pesole
Circa sessanta opere, tutte provenienti dal Musée Marmottan di Parigi, che offrono una visione dell’intero percorso artistico di uno dei più grandi maestri dell’impressionismo. Dal 19 ottobre all’11 febbraio il Vittoriano di Roma ospita una grande esposizione interamente dedicata a Claude Monet. Curata dalla storica dell’arte Marianne Mathieu, la mostra raccoglie il nucleo più importante delle opere del grandissimo artista francese, grazie alle donazioni dei collezionisti dell’epoca e del figlio Michel. Si tratta delle stesse opere che Monet conservava nella sua amata dimora di Giverny.
Dalle caricature ai paesaggi
L’esposizione offre una visione dell’intero percorso artistico e dell’evoluzione dell’opera del maestro impressionista, a partire dai suoi primissimi lavori conosciuti: le celebri caricature eseguite intorno al 1855-1859, che raffigurano, tra gli altri, diversi personaggi del mondo dell’arte e che gli permisero di diventare un personaggio conosciuto nella sua città natale, Le Havre.
Protagonisti sono anche i ritratti dei figli dell’artista, Jean (1867-1914) e Michel (1878-1966), nati dal matrimonio con Camille Doncieux (1847-1879), opere che rappresentano una parte più intimista nella produzione del maestro. Fra le produzioni più conosciute, invece, ritroviamo i paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi, Vétheuil, Pourville, e delle sue tante dimore, inclusa una parentesi in Liguria testimoniata in mostra dal dipinto del castello di Dolceacqua. Celebre è la terrazza dell’ospedale San Thomas a Londra, dalla quale dipinse le sue raffigurazioni più famose del Tamigi.
La pittura del paesaggio è centrale nell’esperienza artistica di Monet. Peculiare della sua arte pittorica è l’abbandono dell’atelier per lavorare en plein air. Le parole di Guy de Maupassant ritraggono appieno l’arte del maestro impressionista: “Ho spesso accompagnato Claude Monet in cerca di impressioni. Non era un pittore, in verità, ma un cacciatore. Camminava, seguito da bambini, che portavano le sue tele, cinque o sei raffiguranti lo stesso soggetto, in diverse ore del giorno e con diversi effetti di luce. Egli le riprendeva e le riponeva a turno, secondo i mutamenti del cielo”.
Pur ritraendo lo stesso soggetto, Monet realizza opere sempre nuove. La trasformazione del paesaggio è operata principalmente dallo studio dei colori e della loro armonia.
Un giardino di toni e di colori
Le vorticose macchie di colore le ritroviamo nelle celeberrime tele dedicate ai fiori del suo giardino a Giverny, costruito con grande cura negli anni. Se non avesse fatto il pittore – ammise l’artista – sarebbe stato giardiniere. Senza i fiori non avrebbe dipinto. Il gesto artistico e il piacere per il giardinaggio si sono sempre alimentari reciprocamente.
Marcel Proust, pur non avendolo mai visitato, lo immagina così: “ Un giardino di toni e colori, ancor più che di fiori.”
A partire dal 1897, il giardino acquatico diventa un soggetto pittorico. L’esposizione presenta une selezione di opere in cui vengono ritratte le celebri ninfee, presenti in circa 250 lavori del suo corpus artistico. L’atmosfera nebulosa, i riflessi, il viola sfumato, dimostrano che l’interesse di Monet non consisteva nella descrizione del fiore ma nella sua rappresentazione nello spazio, nell’adottare un punto di vista e nel creare un equilibrio sulla tela. La resa dei salici piangenti, intrinsecamente poetici, del viale delle rose o del famoso ponticello giapponese completano l’immagine del giardino acquatico in una tridimensionalità fatta di luci e colori.
MONET
19 ottobre 2017 – 11 febbraio 2018
Complesso del Vittoriano – Ala Brasini
Via di San Pietro in Carcere, Roma
Dal lunedì al giovedì 9.30 – 19.30
Venerdì e sabato 9.30 – 22.00
Domenica 9.30 – 20.30