Nessun trasferimento obbligatorio per i rifugiati che risiedono a Riace, ma stop ai finanziamenti al comune calabrese, per sancire la fine del “modello Luciano”. Il Viminale ieri ha confermato la scelta di chiudere i rubinetti per i progetti di accoglienza del sindaco calabrese, precisando però che non obbligherà nessuno ad abbandonare la cittadina. Una puntualizzazione che però appare un po’ formale, perché sembra un eufemismo parlare di “scelta volontaria” nel momento in cui si tolgono in fondi che permettevano al sistema di funzionare. Attualmente sono “un centinaio”, dicono al ministero, gli stranieri che risiedono a Riace e il comune ha sessanta giorni di tempo per fornire al ministero la documentazione finanziaria relativa ad ognuno di loro. Per quelli che chiederanno il trasferimento ad altri progetti Sprar si provvederà a trovare una soluzione alternativa innanzitutto nelle regioni limitrofe alla Calabria e poi allargando la ricerca al resto d’Italia, perché l’accoglimento da parte dei comuni è su base volontaria. Quel che è certo, come precisato dal Viminale, è che si terrà “in considerazione il nucleo familiare”, per evitare di dividere genitori e figli, mogli e mariti.
I migranti di Riace: «Noi restiamo qui»
Alla vigilia dell’udienza del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria sulla libertà di Domenico Lucano, sindaco di Riace, il primo cittadino dice: “Sono molto abbattuto, non mi fido più di nessuno, pronto sempre a combattere sì ma non sono mica un robot, certe accuse fanno malissimo e restano dentro. Le persone non sono merci, come può il Viminale pensare di trasferirle, di portarle via da Riace, dove con pazienza e fatica hanno ricostruito le loro vite? Chiedono i rendiconti di tutte le spese, giusto, giustissimo, ma lo sanno che le cose che facciamo qui non sono manco scritte nelle loro linee-guida sull’accoglienza? Qui noi facciamo il villaggio globale”. L’umore di tutti qui è plumbeo, anche perché lo Stato ha smesso di finanziare il progetto Sprar dall’anno scorso e i soldi sono finiti soprattutto per i rifugiati. Il sindaco, se domani dovesse tornare in libertà sta pensando ad una via d’uscita: abbandonare il progetto Sprar, ma salvare il «modello Riace». Ecco la formula: chiedere aiuto alla Regione e farsi finanziare i progetti. Dopotutto, gli immigrati che stanno qui sono liberi cittadini e con una casa e un lavoro in regola, con il loro permesso di richiedenti asilo, avrebbero tutto il diritto di rimanere. Ma serve il lavoro, appunto. Il lavoro che non c’è più.