di SIMONA D’ALBORA
Era nata il 24 aprile del 1910, in un camerino di un Teatro, l’Orfeo, che oggi non esiste più, durante le prove di uno spettacolo nel quale recitava la madre, Giustina Maggio in arte Pupella non poteva che avere la carriera di attrice nel sangue.
Il padre è stato uno dei più grandi capocomici e fine dicitore della storia del teatro partenopeo: Domenico Maggio detto Mimì e la madre Antonietta Gravante, erede della famosa famiglia Gravante gestori del rinomato circo equestre “Carro di Tespi“. Una figlia d’arte il cui debutto avvenne a soli due anni: con la compagnia teatrale del padre rivestì il ruolo della bambola di pezza nello spettacolo di Eduardo Scarpetta La Pupa Movibile. Fu questa partecipazione e il vezzeggiativo datole dal padre a far sì che piccola Giustina venisse chiamata affettuosamente Pupella. Di quel suo battesimo artistico l’attrice ha sempre detto:
“A due anni mi portarono in scena dentro uno scatolone legata proprio come una bambola perché non scivolassi fuori. E così il mio destino fu segnato. Da “Pupatella” attraverso la poupée francese, divenni per tutti “Pupella” nel teatro e nella vita”
Il suo timbro di voce il suo modo di recitare sono stati unici nella storia del cinema e del teatro italiano. La sua consacrazione arrivò con De Filippo, nel 1954, quando entrò nella Scarpettiana, la compagnia diretta proprio dal grande Eduardo. Indimenticabili le sue interpretazioni di Filumena Marturano, sostituì Titina, dopo la sua morte, e di Concetta in Natale in casa Cupiello. Nel 1959 interpretò Rosa, personaggio scritto da Eduardo pensando a lei, nell’opera Sabato domenica e lunedì. Interpretazione che le fece vincere tre premi: la Maschera d’oro, il premio San Genesio e il premio Nettuno.
Nel 1960, però, dopo una serie di incomprensioni lasciò la compagnia e fu diretta del regista Luchino Visconti nel testo dell’Arialda, di Giovanni Testori.
Numerose le opere teatrali in cui recitò, ma anche i film e i riconoscimenti per una delle attrici napoletane più brave del secolo e che riuscì meglio ad interpretare l’arte di Eduardo, con il quale, nonostante l’allontanamento dalla sua compagnia, continuò a lavorare.
Nanni Loy, Camillo Mastrocinque, Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, John Huston, Federico Fellini, Giuseppe Tornatore sono alcuni dei registi che la diressero nel corso della sua vita.
Vinse anche un Nastro d’Argento come miglior attrice non protagonista, ne Il medico della mutua, di Luigi Zampa, nel ruolo della prima paziente del medico Guido Tersilli, interpretato da Alberto Sordi.
È presente in ben tre dei film italiani ai quali è stato assegnato un Oscar: ne la Ciociara, la cui protagonista, Sophia Loren, vinse l’Oscar come migliore attrice protagonista interpreta la parte di una contadina, mentre in Amarcord, di Federico Fellini e Nuovo Cinema Paradiso, di Giuseppe Tornatore, interpreta la mamma dei protagonisti.
Morì l’8 dicembre del 1999 per un’emorragia cerebrale. Lo stesso Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, la volle celebrare a chi la amò ricordando che “non è stata solo la più grande attrice napoletana del ‘900, ma una protagonista della storia teatrale italiana che resta legata anche al suo nome”.
Quello che rimane oggi, a oltre un secolo dalla sua nascita, è una grande amarezza per un’artista quasi dimenticata, ma in una città come Napoli è facile che i suoi figli migliori vengano dimenticati.