Beni per 120 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza di Palermo nei confronti dell’imprenditore edile Calogero Romano. Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Agrigento su proposta della Procura di Palermo e ha riguardato aziende, immobili , auto e conti correnti. Le indagini hanno consentito di ricondurre il successo delle iniziative imprenditoriali di Romano, originario di Racalmuto, a i rapporti di connivenza mantenuti nell’arco di un ventennio con esponenti di spicco di Cosa Nostra agrigentina. Nel 2016, Calogero Romano è stato condannato a sei anni e sei mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, avendo avuto rapporti con l’ex boss Ignazio Gagliardo, oggi collaboratore di giustizia.
Romano per oltre un ventennio a beneficiato dell’appoggio e della protezione di esponenti della famiglia di Racalmuto, al fine di ottenere vantaggi per le proprie imprese. Attività che, proprio grazie all’appoggio incondizionato di esponenti di spicco di Cosa Nostra agrigentina, si è ulteriormente sviluppata ed è stata diversificata, ampliando così la galassia degli interessi economici di Romano. Tra le società da lui costituite vi è anche la “Program Group Engineering”, proprietaria dell’autodromo Internazionale Valle dei Templi di Racalmuto, ed altre specializzate nella posa di cavi elettrici e telefonici che hanno via via guadagnato una posizione dominante nel settore delle opere di realizzazione di reti telematiche , nelle provincie della Sicilia occidentale .
Con il consenso di Giuseppe Falsone, il boss di Campobello di Licata, considerato in passato il capo di Cosa Nostra agrigentina , Calogero Romano ha fornito alle aziende riconducibili a due esponenti della famiglia mafiosa di Canicattì il calcestruzzo necessario alla realizzazione de i lavori di costruzione del centro commerciale “Le Vigne”, tra le città di Agrigento e Caltanissetta. I finanzieri hanno accertato inoltre come per l’edificazione del centro commerciale, Romano abbia fatto sistematico ricorso a fatturazioni false delle forniture di calcestruzzo, al fine di precostituirsi “fondi neri” necessari al sostentamento della famiglia mafiosa di Canicattì. I beni sottoposti a sequestro comprendono 10 aziende, di cui 2 ditte individuali e 8 società; decine di automezzi; 16 rapporti bancari; 119 immobili (tra terreni e abitazioni).